Roma Today ospita da poco un blog dal titolo «Romeni d’Italia». Lo cura la collega Miruna Cajvaneanu, una laurea in Scienze Politiche a La Sapienza, corrispondente di diverse testate romene, in Italia dal 1999.
Il post di Miruna del 10 febbraio è dedicato alla trasmissione televisiva de La 7 «La Gabbia» di domenica scorsa e alle «Ronde contro i romeni».
di Miruna Cajvaneanu
È domenica sera e ricevo un sms dalla mia amica Nicoleta. «Metti su La7, subito, si parla di romeni». Già, in tv si parla di nuovo di emergenza criminalità. E di romeni. Si parte dal caso di un benzinaio veneto che ha sparato a un ladro (cittadino italiano, ma è solo un dettaglio) poi si arriva a parlare di ladri.
Un signore di una certa età inizia a parlare di “romeni” e consiglia il metodo più veloce per sbarazzarsi: «fare come quelli dell’Isis» e fa un gesto che non lascia spazio all’interpretazione: la soluzione è tagliare la gola. Alcuni minuti dopo, la serie d’interviste si ripete, con la stesso primo piano del signore che alza la mano verso la gola. La giornalista che fa l’intervista non prende le distanze dal gesto e nemmeno il conduttore in studio, quando riprende la linea.
Noto che la modalità preferita – per i giornalisti italiani – di rappresentare la realtà è quella che, secondo i manuali, è tra le meno obiettive: le interviste “in mezzo alla gente”. La realtà viene raccontata e ricostruita attraverso le dichiarazioni persone emozionalmente coinvolte; in un continuo crescendo. Per poi tornare in studio e interagire con dei politici che alzano la voce, per raccogliere gli applausi del pubblico. «È il talk show, bellezza», si direbbe oggi.
«Cosa crede la mia vecchietta che guarda tutto il giorno la tv dalla sedia a rotelle? Inizia a pensare che vive sotto assedio, ha paura, ecco cosa crede», mi dice Nicoleta. Ed è proprio così. Viviamo in un’età dell’angoscia e della paura.
Ed ecco in onda il reportage «Le ronde contro i romeni» – si danno le statistiche sui romeni in Italia, i romeni a Roma, i numeri sui romeni che vivono nelle piccole cittadine della provincia. Ma i dati più importanti, quelli che collegano la presenza dei romeni e la criminalità, mancano.
«Facciamo le ronde contro i romeni», alzano la voce i cittadini di Mentana. È una nuova “inchiesta in mezzo alla gente”. Non dicono facciamo le ronde “contro i delinquenti”. E durante il servizio, c’è chi propone già come vanno fatte: «si va e si inizia a chiedere i documenti, tac tac, così, uno dopo l’altro, tutti».
Ci sono poi altre interviste, persone che raccontano delle rapine, ma i colpevoli sono indefiniti. Un gruppo di sindaci che puntano il dito contro le scarse risorse per la sicurezza. Un sindaco che dice, mettendo due dati insieme, come se fossero direttamente collegati: «abbiamo questo numero di romeni e nessun carabiniere». Perché, ora devono essere un tot di carabinieri per un certo numero di romeni?
En passant si dice che nella notte precedente, alcune macchine con targhe romene sono state bruciate. Questa è giustizia “fai da te”. Nessuno sembra notare o dare peso a questa informazione. Si va avanti con il servizio. Nessuno va a intervistare i rappresentanti della comunità romena di Tor Lupara, nessuno va a parlare con i proprietari delle macchine bruciate. Nessun invitato in studio è esponente della comunità, non c’è nemmeno qualcuno che parli, in genere, dei dati della criminalità in Italia.
La rappresentante di un partito politico, in studio, si spinge più in là e dipinge uno scenario ancora più angosciante: «Oggi ci sono i rapinatori che entrano in casa di giorno, anche quando la gente sta a tavola, per rubare poche decine di euro, lo leggiamo sui giornali tutti i giorni».
Poi, un altro servizio, su un poligono di tiro a Bergamo. Si spara, si afferma che l’unica soluzione è impugnare le armi. Ancora immagini angoscianti, con uno sfondo musicale da film dell’orrore.
È difficile parlare di criminalità e cittadinanza degli indagati, quando ci sono delle vittime. Vittime di furti, di rapine, tentati omicidi. Perché sembra che facciamo l’avvocato dei delinquenti. Non è così. Anche noi, romeni – o stranieri in generale – che viviamo qui vogliamo vivere in sicurezza. In pace e sicurezza. Sembra una cosa ovvia, ma va detta e ripetuta.
La verità è che in Italia, la Tv della Paura fa share. E questo è un dato di fatto, non una (mia) opinione. Lo confermano i dati di una ricerca del 2010 dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza (di Demos, Osservatorio di Pavia e Unipolis). La ricerca ha preso in considerazione il primo semestre del 2010, quando il Tg1 ha dedicato ai “fatti criminali” 431 notizie: circa l’11% di quelle presentate nell’edizione di prima serata. Uno spazio maggiore rispetto a quello riservato allo stesso tipo di notizie dagli altri principali notiziari (pubblici) europei. In dettaglio: l’8% la BBC, il 4% TVE (Spagna) e France 2, il 2% ARD (Germania). Va precisato, per chiarezza, ricordava Ilvo Diamanti su «La Repubblica» che «il tasso di crimini in Italia non è superiore a quello degli altri Paesi europei considerati. Semmai, un po’ più basso».
Se parliamo di criminalità, ecco cosa si dovrebbe sapere: da anni i reati più gravi sono in netta diminuzione. E il nemico più crudele, più spietato, statisticamente parlando, non è “lo straniero” o “lo sconosciuto”, ma si trova in casa o nelle immediate vicinanze. È in più dei casi è una persona che conosci, o addirittura un familiare. Statisticamente parlando, è cosi. È al Nord, i casi di omicidi tra familiari – le donne soprattutto le vittime – sono ancora più frequenti.
Vogliono fare le ronde contro i romeni. Ecco, lo posso dire io, senza andare a cercare troppo, dove si trova la maggior parte dei romeni. Circa 500.000 donne romene si trovano nelle case dei propri anziani e delle proprie famiglie: fanno le “badanti” o le “colf”. Poi, alcune migliaia le troverebbero negli ospedali, dove lavorano come infermiere, come Maricica, la donna che perse la vita colpita da un pugno nella stazione di Anagnina. Altri centinaia di migliaia li potrebbero trovare andando su un cantiere qualsiasi. Altri migliaia sono piccoli imprenditori che lottano ogni giorno contro la crisi – e pagano le tasse.
Poi, altri romeni, un po’ più piccoli ma forse ai loro occhi altrettanto pericolosi, li potrebbero trovare nelle classi dei loro figli.
Guardo poco la televisione. Alcuni giorni fa, sono andata a vedere l’anteprima della mostra «L’età dell’angoscia», ai Musei Capitolini, sul declino dell’Impero Romano. È proprio vero, la crisi di una società non fa che alimentare le angosce di tutti e le angosce provocano violenza. E la violenza alimenta la violenza.
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