Controllare e contenere sono verbi che ben descrivono l’approccio di alcuni governi europei verso i flussi migratori. Ma come? I metodi ai quali gli stati ricorrono sono diversi: dalle barriere fisiche rappresentate da recinzioni, muri e filo spinato agli accordi coi paesi di origine e transito, affinché siano loro a impedire le partenze.
L’ultimo numero di Internazionale dedica due approfondimenti a questo tema.
In “L’importanza del filo spinato”, Dick Wittenberg, dell’olandese De Correspondent, ripercorre la storia delle recinzioni fino ad arrivare a oggi, in un mondo globalizzato dove le barriere, a rigor di logica, dovrebbero sembrare fuori modo. Eppure, si chiede l’autore, “se Google Earthpotesse tornare al 1874 e mostrarci la progressiva diffusione dei moderni tipi di recinzione, come le reti metalliche e altre recinzioni sempre più intelligenti, cosa vedremmo?“. La rapidità con cui il filo spinato ha conquistato, case, terreni, confini, ci sorprenderebbe, risponde Wittenberg.
Ad approfondire, invece, la tendenza europea a “esternalizzare” le gestione dei flussi, un articolo di Hauke Friederichs e Caterina Lowenstein per il tedesco Die Zeit. L’Italia, infatti, non è l’unico paese che tenta di lavorare ad accordi bilaterali con paesi di origine e transito per frenare le partenze di migranti e rifugiati verso l’Europa: in “Confini d’oro” i giornalisti illustrano il caso della Germania, che fornirebbe a stati come la Tunisia strumenti per il controllo delle frontiere, nell’ambito di quello che Internazionale definisce “un affare miliardario per l’industria militare europea“.
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