“Se dovessi fuggire dal tuo paese, quale oggetto tecnologico porteresti con te? Per i prossimi minuti il tuo telefono sarà quello di un rifugiato“. BBC Media Action introduce così il video realizzato per essere visto da smartphone, che consente in pochi minuti di capire perché un telefono con connessione internet possa essere tanto importante per un rifugiato.
La crisi umanitaria che genera milioni di rifugiati nel mondo sta avendo luogo nell’era digitale: una differenza rispetto al passato che dovrebbe essere tenuta a mente da coloro che ritengono il bisogno di un telefono e di una connessione internet espresso dai rifugiati un “capriccio”.
Il video è parte di uno studio pubblicato a luglio che ha l’obiettivo di individuare quali sono le priorità e le criticità in fatto di informazione e comunicazione per i profughi. Le interviste svolte con 79 rifugiati e 45 operatori umanitari hanno permesso di esaminare quali sono i comportamenti e i bisogni in tre diverse fasi: il viaggio, la permanenza nei campi di transito in Grecia, l’arrivo in Germania. Le storie raccolte hanno ispirato il video, estrema sintesi della funzione svolta dagli smartphone per i profughi.
La prima delle esigenze espresse dai rifugiati intervistati (66 siriani, afgani e iracheni sono stati incontrati nei campi in Grecia e 13 in Germania) è quella di avere accesso alle informazioni pratiche per sopravvivere nell’immediato e per pianificare i passi successivi da compiere. Con le politiche nazionali altalenanti di apertura e chiusura delle frontiere e i cambiamenti che periodicamente incidono sulle rotte percorse dai flussi migratori, i rifugiati si trovano infatti a fronteggiare continue incertezze, difficoltà, paure e pericoli.
L’offerta di informazioni in tempo reale il modo per raggiungere in sicurezza e velocemente la tappa successiva del viaggio, evitando la detenzione, è un “servizio” che, stando all’indagine, gli operatori non sempre sono in grado di offrire: più semplice è, per molti, comunicare con i compagni di viaggio, gli amici e i familiari attraverso il web.
Le preoccupazioni, però, vanno oltre le informazioni pratiche per il viaggio: è tanta la confusione rilevata tra i rifugiati anche per quanto riguarda i diritti di cui godono e le domande d’asilo. Sia gli intervistati in Grecia che quelli in Germania non avevano compreso a pieno cosa sarebbe accaduto loro.
La ricerca ha evidenziato che i profughi in contatto regolare con altri rifugiati, con la famiglia e gli amici (solitamente attraverso applicazioni e social network) sono più forti rispetto a chi non ha questa possibilità. Questi ultimi, in mancanza di altri punti di riferimento, tendono ad affidarsi di più a trafficanti e passeur.
Di fonte alla carenza di interpreti e di comunicazioni, infatti, i rifugiati hanno dichiarato di essere costretti a affidarsi a chi è in grado di offrire loro le informazioni indispensabili nell’immediato.
Per evitare che ciò accada l’indagine raccomanda nei campi la creazione di punti informativi con interpreti a disposizione, la presenza di più consulenti legali, l’organizzazione di incontri regolari per aggiornare gli ospiti sulla situazione, la disponibilità di una connessione internet per consentire loro di comunicare con il resto della famiglia – spesso ancora bloccata nel paese di origine.
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