Il 21% dei detenuti nelle carceri europee, in media, ha origini straniere. Ad affermarlo è un rapporto curato da Antigone («Detenuti stranieri in Italia»).
La percentuale più alta va alla Svizzera, seguita da Austria e Belgio; mentre quella più bassa si registra nei paesi dove la presenza di residenti stranieri è ridotta. Cifre, queste, che si spiegano analizzando il dato: la percentuale, infatti, include anche coloro che sono sotto custodia cautelare, che rappresentano il 28% dei totale (21%) comprendente non condannati e condannati. Nel caso in cui il migrante non sia in possesso di regolari documenti di soggiorno, infatti, molti dei sistemi giudiziari europei ricorrono alla custodia cautelare in carcere, poiché non risulta possibile identificare un domicilio stabile per gli arresti domiciliari. «L’immigrato non regolare finirà più facilmente in carcere in custodia cautelare rispetto allo straniero regolare – scrive Antigone – Ciò è segno di un sistema giudiziario fortemente discriminatorio da questo punto di vista».
E in Italia? Il 33% dei detenuti ha origine straniera, mentre la percentuale si allinea con la media europea sulla presenza di persone tenute sotto custodia cautelare in carcere. In particolare i migranti rappresentano il 17,3% delle persone che fruiscono di una misura alternativa alla detenzione, un dato molto più basso rispetto a quello degli stranieri che scontano la pena in carcere; una minore fiducia nei confronti degli stranieri da parte dei magistrati di sorveglianza e dei servizi sociali combinata alle limitate risorse economiche e legali a disposizione può essere in parte causa di questo fenomeno.
Complice, invece, nel definire il 33%, la legislazione italiana: prima nel 1996, con il Testo unico dell’immigrazione la quota di stranieri detenuti, fino ad allora bassa, raggiunge nel giro di due anni il 30%; poi nel 2002 con la legge Bossi-Fini la percentuale arriva al 31,78%. Contemporaneamente, però, cresce molto anche la popolazione totale di detenuti (circa 60mila). Si prova a tamponare la situazione di sovraffollamento delle carceri nel 2006, con un indulto, e successivamente con i provvedimenti introdotti in risposta alle sentenze con cui la Corte Europea dei Diritti Umani e la Corte Europea di Giustizia che condannavano l’Italia per il trattamento degradante subito dai detenuti. Al 31 dicembre del 2014 i detenuti immigrati sono scesi a 17.462 unità.
Le campagne politiche e mediatiche xenofobe, rischiano, secondo Antigone, che si torni a un nuovo aumento dei migranti reclusi: «Il fatto – scrive l’Osservatorio – è che quando a decidere è il caso e non un piano ben determinato il rischio è che in breve tempo si torni al passato».
Ai detenuti stranieri sono imputati per lo più reati considerati a bassa “offensività”: legati alla droga, alla prostituzione o alle leggi vigenti in materia di immigrazione. Su un totale di 34.957 reati, 9.277 sono le imputazioni per uno di questi tre motivi, una percentuale di 26,5%. Di conseguenza le pene comminate hanno durata piuttosto breve: oltre il 50% dei detenuti stranieri deve scontare una pena che non supera 1 anni. All’allungarsi delle pene diminuisce il numero di reclusi stranieri: le condanne a lunghi periodi di detenzione, corrispondenti, a reati giudicati più “gravi”, vedono coinvolto un numero di stranieri molto basso.
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