“Melina Aita, 64 anni, calabrese”. Così sabato 19 aprile sia il Tg1, sia il Tg2. E’ insolito per l’Associazione Carta di Roma occuparsi di una discriminazione nei confronti di un cittadino italiano. Ma sembra proprio questo è il caso di Melina Aita, la donna arrestata con l’accusa di aver ucciso il marito a Somma Lombarda, e delle cronache Rai sulla tragica vicenda.
“Informazioni quali l’origine, la religione, lo status giuridico non dovrebbero essere usate se non sono rilevanti e pertinenti per la comprensione della notizia”. Così una delle raccomandazioni contenute nelle linee guida della Carta di Roma, il codice deontologico che i giornalisti italiani devono osservare quando si occupano di immigrati, rifugiati e richiedenti asilo.
E’ rilevante – per la ‘comprensione della notizia’ – la provenienza regionale di Melina Aita? Sapere che Melina Aita è calabrese aiuta a inquadrare meglio la notizia del suo arresto per l’omicidio del marito? Non si direbbe. Se ci sbagliamo, gli autori del servizio ci spieghino perché. Certo, si potrebbe affermare che non è una questione di “rilevanza” o di “pertinenza” ma, banalmente, di completezza della notizia. Si è indicata la provenienza così come si indica l’età.
Ma è così? La Rai trasmette su tutto il territorio nazionale. La notizia “completa” deve essere tale per tutti gli utenti ma, così formulata, non lo è proprio per i calabresi. I quali, avuta l’informazione, si saranno chiesti: “Calabrese di dove?”. E a questa domanda il servizio sull’arresto di Melina Aita non dava risposta.
Se la Carta di Roma fosse un codice deontologico per i giornalisti italiani quando parlano degli italiani, il servizio dei Tg Rai configurerebbe una sua violazione. Lieve, certo. Ma quasi tutte le violazioni di cui ci occupiamo sono lievi. Infatti è molto raro che chiediamo l’avvio dell’azione disciplinare. Quasi sempre scriviamo ai colleghi, segnaliamo il problema, sviluppiamo una riflessione assieme. Perché riteniamo che le esasperazioni del ‘politicamente corretto’ siano sciocche e nocive quasi quanto le sue violazioni.
L’aver indicato la provenienza regionale di Melina Aita è un “anacronismo xenofobo” che aiuta a capire quando sia stato repentino il cambiamento culturale imposto all’Italia dall’immigrazione straniera. Che cominciò in modo massiccio quando ancora non era stata del tutto accettata l’immigrazione interna. Quando, cioè, le vittime della xenofobia erano ancora i meridionali.
Un esperimento di qualche anno fa per chiarire cosa si intende dire. Leggiamo queste quattro frasi: 1) Dove una volta bastava un italiano ora ci vogliono cinque extracomunitari che però non fanno il lavoro di un italiano; 2) In Italia gli extracomunitari hanno completamente stravolto la realtà sociale preesistente con danni etnici incalcolabili; 3) E’ palese che la maggior parte degli extracomunitari che raggiungono l’Italia trovano parenti che li hanno preceduti nella colonizzazione, formano un clan, e si realizzano nell’unica professione in cui eccellono, la criminalità; 4) Un’altra macroscopica contraddizione degli extracomunitari sta nella miriade di bambini messi incautamente al mondo senza la concreta disponibilità di inserirli dignitosamente nel tessuto sociale.
L’esperimento consisteva nel domandare ai lettori chi avesse pronunciato quelle frasi, e quando. La risposta era che si trattava solo di sostituire alle parole “extracomunitari”, “Italia” e “Italiano” rispettivamente le parole “meridionali”, “Nord” e “settentrionale” per avere le frasi originali. In sostanza quelle frasi – che nel 2008 (quando la provocazione fu fatta) apparivano al lettore un campionario dell’ordinario linguaggio xenofobo leghista – erano state pubblicate alla fine degli anni Ottanta – riferite ai ‘terroni’ – su “Lombardia Autonomista”, il primo organo della Lega Nord.
Ecco perché segnaliamo il lapsus xenofobo della Rai: per dire che abbiamo alle spalle una lunga storia di pregiudizi. E che ci vogliono molto attenzione, e molta pazienza, per cominciare una nuova storia.
Giovanni Maria Bellu
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