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“Speranze arenate”, il reportage di Gordana Smudja: la rotta balcanica e i centri di accoglienza in Serbia e in Sicilia

È trascorso quasi un decennio ruggente dalla più grande migrazione di persone dal Vicino Oriente, che nel corso del 2015 e 2016 abbandonavano le loro case e così, lungo il loro cammino verso i paesi dell’Unione Europea creavano le rotte attraverso la Serbia. Nel frattempo, le persone provenienti dall’Africa venivano trasportate a bordo delle navi verso l’isola italiana della Sicilia. Ogni giorno arrivava la gente in cerca di una vita tranquilla in pace. Alcune di quelle persone nei centri di accoglienza, sia in Serbia che in Sicilia, sono ancora lì, incastrati nelle stesse camere senza alcun futuro luminoso nell’orizzonte.

Come andranno a finire i nuovi arrivati, se ormai ci sono tante persone dimenticate da anni?

Quando nel 2015 è iniziata la crisi dei migranti, nei centri di accoglienza in Serbia c’erano ancora i rifugiati delle guerre in Jugoslavia – dimenticati per oltre 25 anni. Toccherà la stessa sorte a chi si trova ancora nei centri di accoglienza in Serbia e in Sicilia?

 Belgrado, novembre 2023

In un supermercato, davanti a me due ragazzini acquistano la scorta di cibo, patatine, bibite gassate, bevande energetiche, salatini e molti cioccolatini. Guardo la gente in movimento, persone che da anni ripetono le stesse cose, camminano sotto la pioggia con piccoli zaini sulle spalle. Partire dalla Serbia verso qualche paese in cui probabilmente troveranno una vita tranquilla e serena. Vale la pena provare?

Merendine, zucchero per recupero di energia – un’altra notte di pioggia e un nuovo gioco.

Il gioco è un termine inventato durante il periodo peggiore, quando la gente migrava dai paesi del Vicino Oriente, camminava o viaggiava in altri modi lungo la rotta dei Balcani. La parola inglese GAME è diventata un codice per l’azione intrapresa da alcuni per attraversare i confini dalla Serbia all’UE (Ungheria o Croazia), quei confini desiderati da molte persone che abbandonano le proprie case e cercano di raggiungere il territorio dell’ Unione europea. Per ciascuno di loro l’oggetto più importante è il cellulare, unico collegamento con la famiglia nei loro paesi, in attesa di una chiamata. Succede spesso che questi cellulari vengano distrutti o sequestrati, mentre i loro proprietari con la forza vengono riportati in Serbia e così allontanati dai confini dell’Unione europea. Ahmed ci dice che il telefono che sta usando è già il terzo da quando ha lasciato la Siria. Alla frontiera alcuni cellulari vengono smarriti, altri  sequestrati. Infatti il gioco è molto pericoloso e l’unica cosa di cui Ahmed ha bisogno lungo questo percorso è la connessione con la sua famiglia.

Amina e sua madre

A differenza delle persone in transito, Amina e sua madre da sette anni soggiornano in un centro di accoglienza in Serbia. Il laboratorio creativo si tiene due volte a settimana. Piace molto ai bambini perché hanno la possibilità di dipingere, giocare, imparare le lingue, praticare lo sport, cucire, guardare cartoni animati… Grazie a queste attività loro riescono a sopprimere i ricordi della guerra e della fuga dalla patria in fiamme. Ma col tempo che passa è sempre più profondo il desiderio di Amina e di sua madre di avere una casa e di ricongiungersi con la loro famiglia. Alcuni hanno deciso di lasciare la Serbia e sono andati in Bosnia ed Erzegovina, però dato che da quelle parti non furono benvenuti, sono stati rimandati in Serbia. Nel centro di accoglienza, una famiglia afghana ormai da sette anni vive in attesa del prossimo passo.

Tra i ragazzi che frequentano il laboratorio, Amina è la più piccola. Anche alcuni genitori piano piano hanno cominciato a partecipare per impegnarsi nelle ore pomeridiane di tempo libero. Amina ha sei anni ed era felice di frequentare il laboratorio insieme alla mamma. Invece sua mamma nella speranza di partire presto, ogni giorno era in attesa della conferma della prossima partenza. Però col passare del tempo, la madre è diventata molto depressa, non frequenta più i laboratori e la sua salute comincia a peggiorare. Quest’anno Amina dovrebbe iniziare il suo percorso formativo, in un paese straniero, con una madre sempre più depressa.

 Le migrazioni rappresentano un processo di rivelazione

Siamo tutti qui, o almeno la maggioranza di noi, in quanto alcuni dei nostri antenati decisero di andarsene via verso luoghi sconosciuti, o per qualche motivo di abbandonare luoghi familiari. Secondo un rapporto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, pubblicato alla fine di ottobre del 2023, nel mondo risultano 110 milioni di sfollati forzati, di cui la Repubblica Islamica dell’Iran e la Turchia ne hanno accolti 3,4 milioni ciascuna, ed è la più grande popolazione di rifugiati nel mondo.

Con l’avvento del COVID, l’argomento è quasi scomparso dai media. Però nel corso del 2023, nuove storie, rapporti e statistiche, nuovamente hanno reso più visibile il processo migratorio e inoltre sono emerse le nuove rotte. Ora le cose stanno cambiando quotidianamente.

La Serbia, un punto di transito verso un futuro migliore, foto: Zdravko Smudja

 Nuovi arrivi come passato e futuro

 Russia e Ucraina, una guerra che ha durato un giorno nella regione del Nagorno-Karabakh ha generato una situazione molto pericolosa tra Armenia e Azerbaigian, e di nuovo il conflitto tra Palestina e Israele che questa volta sembra più profondo che mai. Stanno arrivando nuovi rifugiati mentre in questo momento la gente nuova sta attraversando la regione. La Serbia accoglie molte persone provenienti dall’Ucraina e dalla Russia. Sono soprattutto giovani che arrivano da questi due paesi, che camminano per le strade di Belgrado e di altre città della Serbia.

Con le nuove guerre, la migrazione dal Vicino Oriente è diventata una narrazione caduta nell’oblio, l’argomento del passato. La maggioranza dei giornalisti si è spostata nei nuovi focolai di guerra, ora al centro dell’attenzione, mentre tutte quelle persone arrivate con l’ultima ondata stanno ancora nei centri di accoglienza, dimenticate da tutti e in attesa che qualcuno li prenda in considerazione e magari risolva la loro situazione.

Dove va tutta questa gente? In che direzione stanno andando? Dove vanno, o meglio, dove fuggono, in cerca di una vita tranquilla in pace che li renderà capaci anche di sostenere le loro famiglie in Africa… Milioni di storie, dimenticate, storie personali…

Solo in Serbia, nel corso del settembre 2023, arrivarono in alti numeri le persone dal Vicino Oriente. Nei primi di settembre, nel nord del paese, la polizia serba ha arrestato gruppi di trafficanti e qualche giorno più tardi e nello stesso mese di settembre ossia il 13 settembre, ha arrestato 619 persone in un giorno in sei città: Belgrado, Šabac, Subotica, Sombor, Kikinda, Pirot. Nella maggior parte loro sono stati trasferiti in alcuni dei diciotto centri di accoglienza presenti in Serbia, in cui attualmente risulta disponibile la metà delle loro capacità. La polizia serba nell’occasione dell’arresto di trafficanti ha annunciato che nei centri di accoglienza in Serbia hanno trovato casa 3.236 persone. Ma è davvero una casa? Oppure un’isola che non propone tante opportunità per come proseguire. D’altronde saranno le istituzioni ufficiali a decidere per loro. Speriamo che prenderanno in considerazione la situazione già molto delicata in cui si trovano queste persone.

La gente in movimento nel parco Ušće a Nuova Belgrado, foto: Zdravko Smudja

Centri di accoglienza e campi di confine della Serbia

Visitando i centri di accoglienza si possono incontrare persone di tutti i livelli di istruzione, di tutte le età e di diverse provenienze, però la maggioranza arriva dal Vicino Oriente. Ciò che hanno in comune è che hanno lasciato i loro paesi d’origine e non vogliono restare in Serbia. E così rimangono insabbiati. Senza alcun piano per il futuro. Aspettano che le autorità li propongano delle opzioni e un percorso per il loro futuro.

A rischio di essere arrestate, le persone si spostano, attraversano paesi in cui non vogliono restare. Uno di questi è la Serbia. Di solito viaggiano in gruppo, ragazzi che si nascondono tra i cespugli e nelle chiome di alberi, attenti alla polizia, vicino al confine ungherese.

A metà settembre 2023 al confine serbo-ungherese sono state trovate circa 1.700 persone provenienti dal Vicino Oriente, un numero record per quest’anno. Questo evento ha reso la situazione più grave anche per gli altri paesi circostanti. Più o meno nello stesso periodo, il Ministero degli Interni austriaco annunciò che l’Austria avrebbe continuato a controllare il proprio confine con la Slovacchia, in quanto lo avevano già fatto anche Polonia e Repubblica Ceca. Ciò aumenta notevolmente il rischio per le persone senza documenti qualora vogliano recarsi nel territorio dell’Austria, spesso la destinazione preferita.

 Capodanno al centro di accoglienza

 Aisha è una bambina di dieci anni proveniente dalla Siria. Ha lasciato la sua terra natale molto tempo fa, all’età di due anni. La sua famiglia non ha potuto raggiungere un determinato paese europeo dove avevano già dei familiari. Quindi si sono fermati in Serbia nel 2016, in uno dei centri di accoglienza, con la speranza di trovare la soluzione per arrivare in uno dei paesi dell’UE. Purtroppo, durante questo loro percorso sono stati respinti dal confine con l’Ungheria e riportati al centro di accoglienza da cui erano partiti pochi giorni prima.

Infatti, Aisha non si ricorda della vita a casa sua. I suoi primi ricordi sono legati al viaggio verso i luoghi sconosciuti e ai centri di accoglienza nella regione dei Balcani. Aisha vuole studiare. Da bambina che vive in un centro di accoglienza, ha capito l’importanza della formazione scolastica. Si rese conto che quei genitori che parlavano inglese in qualche modo riuscivano a raggiungere i paesi verso cui erano diretti fin dall’inizio del viaggio. Ora Aisha parla perfettamente serbo e inglese. Spera ancora di poter avere le stesse opportunità che hanno avuto gli altri bambini con cui va a scuola.

 La stessa settimana, a settembre, in Sicilia

 In pochi giorni sono arrivate sull’isola di Lampedusa 11.000 persone, quasi il doppio rispetto al numero degli abitanti di questa isola (6.000), e così il numero delle persone che hanno abbandonato le loro case in Africa è salito quasi a 160.000. Tutti sono arrivati attraversando le pericolose acque del Mar Mediterraneo. Il Mediterraneo centrale è una delle rotte migratorie più attive e più pericolose del mondo, con oltre il 75% delle vittime registrate negli ultimi dieci anni.

Dall’inizio di luglio sono sbarcate nel Sud Italia, e in particolare nell’isola di Lampedusa, quasi 70 mila persone. Nel mese di agosto si sono verificati diversi naufragi nelle acque italiane, provocando la morte o la scomparsa di oltre 80 persone. L’UNHCR, l’OIM ed l’UNICEF hanno espresso le loro più sentite condoglianze nell’occasione del catastrofico naufragio avvenuto tra giovedì 3 e venerdì 4 agosto nel Mar Mediterraneo.

Ugualmente alle persone nei centri di accoglienza in Serbia, anche queste persone sono arenate. Coloro che arrivano a Lampedusa non vuole restare in Sicilia, tanto meno a Lampedusa.

Troppo stretti per accogliere tutti

Il centro di prima accoglienza di Lampedusa ha dovuto subire pressioni significative quando al picco massimo della crisi aveva accolto circa 4.000 persone, superando notevolmente le sue massime capacità disponibili di 500 persone.

Rispetto al 2022, l’anno 2023 è stato più duro per le persone che attraversavano la rotta del Mediterraneo centrale, da Algeria, Egitto, Libia e Tunisia verso l’Italia e Malta. Solo nella prima metà dell’anno 2023, nelle acque dei mari insidiosi hanno perso la vita 2.235 persone e secondo le stime nel corso dell’anno persero la vita ancora 2.731 persone, ovvero il doppio del numero di persone morte nel 2022 sulla stessa rotta.

Per queste persone in movimento, spesso il sud d’Italia rappresenta solo ancora una tappa di un lungo viaggio da percorrere. Molti, infatti, vorrebbero raggiungere il nord d’Italia e talvolta altri paesi europei nonostante la mancanza di status giuridico e, quindi, senza accesso a molti servizi e senza riconoscimento dei diritti fondamentali. Spesso ci vogliono mesi prima di presentare domanda per ottenere asilo e le persone vengono intrappolate in una situazione di semi-regolarità anche se solo in casi rari intenzionati a chiedere asilo.

Nella prima metà dell’anno 2023, 65.519 persone hanno raggiunto l’Italia via mare, mentre nello stesso periodo dell’anno 2022 sono arrivate 27.633 persone (+137%). Gli arrivi di giugno sono aumentati dell’86% rispetto a maggio. La stragrande maggioranza delle persone arrivate a giugno – l’85% – è sbarcata in Sicilia (12.858).

Karim, un ventisettenne, è sopravvissuto alla traversata del mare in barca nell’estate del 2023. È felice perché è sbarcato vivo, però è molto preoccupato per la sua famiglia. Suo fratello avrebbe dovuto raggiungerlo questa estate, ma lui non si è presentato all’imbarco. E proprio quella nave che il fratello di Karim ha perso per partire dall’Africa, subì un terribile naufragio. Il fatto di non essere partito gli ha salvato la vita. Karim invece crede che proprio quella nave che gli ha portato in Europa gli avesse salvato la vita, perciò ora si trova in Italia. Inconsapevole delle conseguenze che comporta un arrivo del genere e le possibilità legali, lui spera di poter lasciare la Sicilia il prima possibile e iniziare a guadagnare soldi da inviare alla sua famiglia in Africa.

Nel periodo gennaio-agosto 2023 sono sbarcate in Italia nei vari porti 114.612 persone e solo nel mese di agosto sono arrivate in Italia via mare 25.673 persone. La maggioranza arriva da Tunisia, Guinea e Costa d’Avorio, e il 20% di loro sono bambini. Questa è una delle peggiori statistiche di cui si possa parlare nel XXI secolo: il 40% della popolazione sfollata in tutto il mondo alla fine del 2022 era costituita da bambini di età inferiore ai 18 anni: più di 43 milioni di bambini hanno l’accesso limitato ai fondamentali diritti umani.

Tra gennaio e ottobre 2023, circa 231.900 persone sono arrivate in Europa attraverso le rotte marittime del Mediterraneo e dell’Africa nordoccidentale. Ciò ha comportato un aumento del 77% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quindi il numero totale di arrivi alla fine dell’anno è stato di 259.517 (17 dicembre 2023), di cui arrivi via mare (compresi arrivi via mare in Italia, Grecia, Spagna, Cipro e Malta) ben 252.396 persone.

 Crisi umanitarie

Ricordando i giorni del maggior afflusso di persone, poco prima che il confine dell’UE fosse chiuso, quando una moltitudine di persone sono rimaste bloccate in Grecia vicino alla città di Idomeni,  la Grecia ci ha insegnato quante difficoltà ci sono nell’accogliere un gran numero di rifugiati. La Grecia ci ha dato una lezione di filantropia,e non c’è da stupirsi che siano stati loro a inventare questa parola. In che modo la filantropia può aiutarci ora a costruire una società più forte in tutta Europa, a misura di tutti, una società in cui ognuno avrà le opportunità di creare la propria vita in pace?

Questa è una domanda comune, che ci poniamo da europei, la domanda che richiede una risposta ai bisogni delle persone, a prescindere dal fatto che siano cittadini anziani europei, o quelle persone arrivate da recente, oppure coloro che nominiamo in diversi modi. Possiamo definirli insabbiati. Perché loro veramente lo sono.

 Secondo il rapporto dell’UNHCR, attualmente in Italia risultano 308.663 profughi registrati, mentre in Serbia tra i profughi registrati e persone che si trovano nelle circostanze di profughi ce ne sono 30.866, e persino 209.796 di sfollati interni. Che destino avranno le persone „arenate“ da anni in Serbia o in Sicilia?

Li chiamano “migranti irregolari” e nessuno è in grado di determinare con certezza il numero di persone che attraversano i paesi europei. Nel corso del 2023, un gran numero di persone sono arrivate in Sicilia e in Serbia, nel tentativo di raggiungere luoghi che per loro, in quanto “migranti irregolari”, non erano raggiungibili.

Il continente europeo sta affondando nell’epoca dei suoi cittadini sempre più anziani, mentre continuano ad arrivarci le moltitudini di persone dal continente africano e asiatico. Le loro storie appartengono soltanto a loro. Però, tutti noi che viviamo nei paesi „sicuri“ siamo coinvolti nel loro destino.

Questa pubblicazione è stata realizzata grazie al sostegno finanziario dell’Unione Europea. Le considerazioni e le opinioni qui espresse sono unicamente attribuibili all’autore, e non riflettono necessariamente la posizionedell’Unione Europea o dell’Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura (EACEA). Quindi, né l’Unione Europea e nemmeno l’autorità finanziatrice non ne saranno ritenute responsabili. 

 

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