È per contrastare l’hate speech che è stato diffuso il richiamo fatto dal commissario dell’Agcom Antonio Nicita, diramato il 2 novembre con un comunicato stampa
L’iniziativa va a sommarsi alle altre azioni volte a contrastare questo fenomeno avviate a livello istituzionale nel solo 2016, anno in cui il dibattito sull’hate speech, il discorso d’odio, si è capillarmente diffuso: a maggio è stata istituita una commissione parlamentare di studio su intolleranza, xenofobia, razzismo, fenomeni d’odio, voluta dalla presidente della Camera, Laura Boldrini; a giugno poi, era stat il turno di un documento sull’hate speech concordato con la commissione europea e descritto così dalla commissaria per la giustizia Vera Jourova: «I recenti attacchi terroristici ci hanno ricordato l’urgenza di affrontare i messaggi illegali di odio. I social media purtroppo sono uno degli strumenti che i gruppi terroristici usano per radicalizzare i giovani ed i razzisti sfruttano per diffondere violenza e odio. Questo accordo è un importante passo avanti per garantire che internet resti un luogo di espressione democratica e libera, dove sono rispettati i valori europei».
L’obiettivo della comunicazione dell’Autorità garante è chiaro: “Rappresentare il tema dell’immigrazione con oggettività, evitando stereotipi. Necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno dell’hate speech”. Un richiamo rivolto in modo diretto agli operatori della comunicazione, dunque, dei quali sono una minima parte ha già assunto un impegno sul tema.
L’Agcom riparte dai principi alla base della professione giornalistica, dall’abc che – come dimostrano le scelte editoriali di numerose testate – sembra non essere chiaro a molti. Ecco allora che il Commissario ricorda ai media che è essenziale l’applicazione dei criteri di “verità, continenza ed essenzialità, correttezza del linguaggio e del comportamento“.
Antonio Nicita invita in modo esplicito a evitare “il ricorso a opinioni fondate sull’odio o sulla discriminazione che incitino alla violenza fisica o verbale offendendo la dignità umana e la sensibilità degli utenti” e chiede di “assicurare il più rigoroso rispetto dei principi fondamentali sanciti a garanzia degli utenti, affinché sia garantito nei programmi audiovisivi e radiofonici il rispetto della dignità della persona e del principio di non discriminazione, in particolare nella trattazione dei fenomeni migratori e delle diversità etnico-religiose”.
Un appello, quindi, a un uso e una moderazione responsabile e consapevole del linguaggio, sempre più spesso assenti in quelle finestre che dovrebbero essere dedicate all’approfondimento e che sono, invece, utilizzate impropriamente come terreno per lo scontro scomposto e privo di contenuti tra personaggi di pubblico rilievo.
L’autorità conclude chiedendo ai media di “adottare ogni più opportuna cautela, in particolare nel corso delle trasmissioni diffuse in diretta, nonché a valutare i possibili rischi di incorrere nel mancato rispetto dei principi richiamati, impegnando i direttori, i registi, i conduttori e i giornalisti a porre in essere ogni azione intesa ad evitare situazioni suscettibili di degenerazione”. Un chiaro richiamo alle responsabilità che derivano dal lavorare come professionisti dell’informazione, contribuendo inevitabilmente a plasmare l’opinione pubblica e che, come giornalisti, dovremmo avere sempre ben presenti.
L’Agcom ci chiede, in sintesi, di fare informazione. Attenzione, non informazione “di qualità”: solo informazione. Che, quando erogata a livello professionale, per essere definita tale deve essere basata su quei criteri imprescindibili che attribuiscono credibilità alla categoria. Una credibilità che – è bene ricordarlo – molti cittadini non riconosco più ai media generalisti.
Contro i discorsi d’odio, ma ancora prima in favore di un’informazione corretta e completa, occorre davvero ripartire dai principi ribaditi da Nicita.
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