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Facebook e Butac su click baiting, bufale e sensazionalismo

La notizia dell’introduzione da parte di Facebook del nuovo algoritmo per contrastare in particolare il click baiting quali conseguenze potrà avere?

Notizie, curiosità, foto, video, questo è quanto ci si aspetta di trovare aprendo la bacheca di Facebook. Tuttavia la pratica diffusa dei titoli acchiappa-click va nella direzione opposta.

Facebook Italia spiega che «i principali criteri per individuare un titolo clickbaiting sono: se il titolo in qualche modo occulta informazioni utili per capire il contenuto dell’articolo; se il titolo ingigantisce in maniera fuorviante il contenuto dell’articolo creando aspettative che depistano il lettore».

«L’obiettivo del news feed è quello di mostrare alle persone le storie più rilevanti per loro. Gli utenti hanno infatti riferito che desiderano nello specifico vedere sempre meno storie con titoli clickbait che tralasciano intenzionalmente le informazioni cruciali o sono fuorvianti per le persone, costringendole a cliccare per scoprire la risposta» aggiungono i ricercatori Alex Peysakhovich e  Kristin Hendrix,  che hanno analizzato l’esperienza degli utenti per Facebook.

Il social network fondato da Mark Zuckerberg ha così dichiarato di voler contrastare i “titoli che nascondono informazioni necessarie per capire quale sia il contenuto dell’articolo e i titoli che ingigantiscono la notizia per creare aspettative che depistano il lettore“. Per farlo applicherà un algoritmo mirato in grado di individuare i casi di clickbaiting e spostarli in basso nel news feed.

Bufale e sensazionalismo: il nuovo algoritmo farà loro guerra?

Dietro ai titoli cosiddetti urlati si celano a volte informazioni errate e volutamente distorte contrastare il click baiting potrebbe significare, quindi, intervenire indirettamente anche su di esse. Tuttavia identificare i titoli ingannevoli e contrastare il sensazionalismo sono sfide ambiziose e complesse da realizzare.

Numerosi, per esempio, sono i dubbi avanzati da “Butac – Bufale un tanto al chilo”, blog che identifica e smentisce le bufale, quelle informazioni errate, notizie inesistenti e, più in generale, quegli allarmismi gratuiti in cui spesso ci si imbatte.

Michelangelo Coltelli, founder e autore di diversi articoli demistificatori esprime un timore, in merito al click baiting: «ho paura che come sempre a esserne penalizzate saranno le pagine che non spendono soldi in pubblicità e che contano solo sulle condivisioni degli utenti per la diffusione delle loro notizie. L’abbiamo già visto succedere, quando nel 2014 con un cambio d’algoritmo di colpo le pagine dei siti di  debunking si sono viste dimezzare il traffico, mentre pagine come Avanguardia Nera, che avevano all’epoca la metà dei follower attuali, sono cresciute improvvisamente. Un ulteriore problema è che Facebook  modifica gli algoritmi basandosi prima di tutto sulla lingua in cui ha più utenti, l’inglese: questo significa che anche se davvero hanno cambiato qualcosa purtroppo lo vedranno gli utenti anglofoni ben prima di chiunque altro. Teniamo le dita incrociate, ma senza aspettarci miracoli».

Le bufale sugli immigrati rappresentano fino al 40% dei casi segnalati

Secondo luna stima approssimativa di Butac nell’ultimo anno almeno il 30/40% delle segnalazioni ricevute riguarda disinformazione riguardo i richiedenti asilo. «C’è stato un grosso aumento della richiesta di verifica dei fatti su questi argomenti. Quelle che circolano più spesso riguardano i pasti buttati, gli hotel di lusso, i cellulari costosissimi, e la diaria che diamo ai profughi accolti. È un tema al centro dei discorsi dei politici. Se alcuni blog inventano le notizie di punto in bianco, anche le testate giornalistiche nazionali spesso evitano di approfondire».

La propaganda politica è spesso terreno di sensazionalismi che celano bufale e, secondo l’esperienza di Coltelli, «alcuni politici su Twitter messi di fronte all’evidenza della bufala ti bannano dalle loro pagine e cancellano tutte le prove della loro bufala, senza avere idea di come funzionano le cache dei siti online».

Tra le false notizie contrastate dalla redazione di Butac una in particolare ritorna ogni anno, puntualmente: si tratta dei soldi che verrebbero dati direttamente ai migranti, i tristemente famosi 30 – 35 euro, informazione smentita più e più volte anche dalle testate giornalistiche nazionali, così come su Butac.

«Ci sono alcune testate che hanno cominciato a sbufalare a loro volta, stando molto attente alle fonti, ma sono ancora casi rari nel panorama italiano», conclude Michelangelo Coltelli.

E se l’azione di Facebook possa essere di effettivo contrasto a questo tipo di titoli che, nel attraverso il sensazionalismo diffondono false informazioni, è una risposta che sarà possibile avere solo tra qualche tempo. Nel frattempo l’esercizio costante del fact checking servirà ad arginare chi fa della strategia social uno strumento improprio per diffondere messaggi mendaci e razzisti.

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