Di Martina Chichi
Il Natale si avvicina. Le luminarie vengono accese, nelle vetrine scintillano gli addobbi, il traffico aumenta. E sul web, come su alcune testate giornalistiche, scatta puntuale l’indignazione per i ripetuti attacchi che l’amata festa subisce.
Pare che le scuole italiane, da qualche anno a questa parte, ce la mettano davvero tutta per far arrabbiare politici e genitori: recite, canti e filastrocche non più incentrati sulla natività. Che ne sarà mai del Natale?
Le motivazioni date dalle scuole si somigliano tutte: rendere le celebrazioni più inclusive, mandare un messaggio di solidarietà e di apertura. Ma a chi vogliono darla a bere? Dietro deve esserci il Grinch, che cospira con gli “islamici” per cancellare il Natale dalle tradizioni occidentali.
Non c’è altra spiegazione: perché mai dovremmo prevedere delle celebrazioni più inclusive?
D’altra parte gli studenti con cittadinanza diversa da quella italiana tra il 2009/10 e il 2014/15 sono aumentati solo del 20,9%. Rappresentano* solo il 10,4% del totale degli iscritti nelle scuole primarie, il 9,6% nelle secondarie di primo grado e il 7% in quelle di secondo grado. Sono in prevalenza bambini di origine romene, albanesi o marocchine, sempre più spesso nati in Italia*: hanno visto la luce qui l’84,8% dei bambini figli di immigrati che frequentano la scuola dell’infanzia; il 76% degli alunni del primo anno della primaria, il 51,2% degli studenti del primo anno della secondaria di primo grado e il 26% nel primo anno della secondaria di secondo grado.
Perché mai tenere conto della composizione delle classi? In fondo si limita a riflettere l’evoluzione della società. Anche se, in effetti, non si direbbe a dar retta ai media: quante volte nei rituali servizi e articoli che accompagnano l’apertura e la chiusura delle scuole si dà voce ai genitori stranieri? Quante volte emerge la loro opinione quando si parla di disservizi scolastici? Quegli stessi media e politici che vedono un Natale “sotto attacco” in ogni tentativo di apertura (più o meno riuscito) a opera di dirigenti scolastici e docenti, ignorano la presenza di genitori e alunni stranieri undici mesi l’anno, per poi trasformare la loro esistenza in un problema quando manca un mese a Natale, usando come pretesto quelle iniziative che li tengono, invece, in considerazione.
Un calendario dell’Avvento in cui, al posto dei cioccolatini, dietro ogni finestrella c’è una parola d’odio.
Ma si sa: lo spirito del Natale deve essere preservato a tutti i costi. Ché i valori rappresentati da famiglia, amicizia, inclusione, solidarietà, uguaglianza niente hanno a che fare con lo spirito dal Natale. Mentre l’intolleranza, quella sì che col Natale sta proprio bene.
Sull’albero le palle, sui giornali le balle.
*Dati riferiti all’anno scolastico 2014/2015, tratti dal rapporto nazionale “Alunni con cittadinanza non italiana – La scuola multiculturale nei contesti locali”, elaborato da Fondazione Ismu per
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