Riguardo alla notizia apparsa su alcuni organi di stampa in riferimento a quanto sarebbe accaduto nei giorni scorsi nella chiesa veneziana di S. Zulian, in particolare un atto sacrilego contro la Santissima Eucaristia e un oltraggio al Crocifisso, la Curia Patriarcale di Venezia sta tuttora attentamente vagliando quanto riferito per chiarire fatti, modalità e interconnessioni di ciò che è realmente accaduto. Si precisa, inoltre, che non è corretto affermare che nella basilica cattedrale di San Marco vi siano frequenti atti di oltraggio alla Santissima Eucaristia; succede talvolta che, al momento della Comunione, si presentino – a ricevere l’ostia – persone all’oscuro del significato del gesto liturgico che stanno compiendo; in tal caso, è lo stesso sacerdote o diacono che, con l’aiuto dei custodi o di chi lo coadiuva, attraverso una semplice domanda chiarisce la situazione e, nel caso, congeda la persona con un saluto o una benedizione. In ogni modo, si ricorda che la Santissima Eucaristia (l’ostia) va sempre assunta immediatamente, innanzi al ministro, prima di tornare al posto.
La Curia Patriarcale di Venezia è intervenuta con questa nota per mettere un freno alle speculazioni che la stampa aveva iniziato a diffondere tra domenica e lunedì a proposito degli atti sacrileghi di cui è stata protagonista la chiesa di San Zulian, dove ogni giorno entrano moltissimi turisti e curiosi non sempre rispettosi della sacralità del luogo di culto e dei simboli che ospita.
Entrano in chiesa e vilipendiano il crocefisso. Quattro donne musulmane, con il velo, pochi giorni fa sono entrate nella chiesa di San Zulian a Venezia, pochi passi da piazza San Marco, e hanno sputato sul simbolo sacro, sotto gli occhi del sorvegliante.
A raccontarla così è Il Giornale, che parla di “islam sfrontato” e come fonte delle informazioni cita il parrocco di San Zulian, don Massimiliano D’Antiga.
[…] pochi giorni fa gli sputi a un altro crocifisso nella chiesa di San Zulian, a pochi passi da San Marco sotto gli occhi del sorvegliante: protagoniste 4 islamiche, velate. Poi si sono allontanate confondendosi fra i turisti
Queste, invece, le parole usate dal Gazzettino e dal Messaggero (stesso testo, stessa firma). Oggi Il Gazzettino, però, torna sulla vicenda pubblicando anche un testo sulla “tentazione del razzismo” che scatta venendo a conoscenza di tali – presunte – profanazioni.
Il meglio in fatto di speculazioni e strumentalizzazioni lo dà Libero:
La chiesa di San Zulian a Venezia è stata in questi giorni il luogo di un attacco terroristico subdolo, senza sangue, ma che fa sanguinare il cuore di uno come me che è ateo, ma è pur sempre figlio di questa terra dove suonano le campane e il panorama è pieno di croci e crocifissi. Due volte. Prima alcuni giovanotti arabi si sono presentati a messa. Hanno ricevuto la comunione fingendosi devoti cattolici e subito hanno vomitato l’ostia sull’altare come fosse cibo del diavolo, bestemmiando Gesù Cristo. Poi, passato un giorno, quattro ragazze con il velo islamico si sono dirette verso il crocifisso e gli hanno sputato sul volto: quello sarà stato di legno, ma io ho sentito la bava di questa gentaglia sulla mia faccia, anzi sul volto dei miei che mi hanno insegnato il segno della croce, e dei loro padri e indietro ancora, a quelli che hanno fatto l’Italia, un paese che farà anche pena, ma è il mio paese. Il nostro paese.
È l’editoriale di Vittorio Feltri, il quale condisce per bene la sua versione dei fatti con bava, sputi in faccia e ostie vomitate. Scrive di “puttanelle islamiche” e spiega che: “quelli che hanno sputato le ostie li sputerei su un canotto” (ma con acqua e viveri, trattamento di lusso insomma, “sia beninteso”).
E aggiunge “Sono sicuro che i giornaloni minimizzeranno, riducendo il tutto a un caso di folklore tra opposti baciapile. Balle“. Si spera, piuttosto, che i giornali – tutti quelli che possono fregiarsi del titolo di “testata giornalistica” – facciano il proprio lavoro: verifichino le notizie, non le strumentalizzino, non ci speculino sopra. E soprattutto che non le raccontino le “balle”, a differenza di ciò che fa proprio questo editoriale di Libero, nel momento in cui, per esempio, inventa “due giovanotti arabi” stravolgendo l’episodio che ha visto protagonisti due asiatici o quando inserisce dettagli di fantasia come lo sputo sul volto del crocifisso.
Sono bastati i toni usati da questi articoli a generare commenti che inneggiano all’uso di lanciafiamme e armi da fuoco, ma a diffondere ulteriormente questa versione della notizia – già smentita – ci si sono messi anche i numerosi siti che diffondono informazioni false a scopi propagandistici (come VoxNews e Riscatto Nazionale, che non sono testate giornalistiche, ma che possono sembrare tali agli occhi degli utenti meno attenti).
A interpellare direttamente don Massimiliano D’Antiga è La Nuova Venezia, che riporta le sue parole:
«Nessuno ha sputato sul crocifisso che sta subito dopo l’entrata e non ho presentato alcuna denuncia. Certo, sono stanco di gesti irrispettosi, ho chiesto ai carabinieri in pensione dell’Associazione di dare un’occhiata anche alla chiesa. Qui passano migliaia di turisti al giorno e vedo davvero poche volte transitare poliziotti, carabinieri o vigili, che sono concentrati in Piazza, così ho chiesto a loro se potevano tenere sotto controllo la chiesa. Succede spesso che entrano gruppi di musulmani, donne velate e uomini con la barba, si piazzano davanti al crocifisso e si fanno fotografare o riprendere magari compiendo gesti poco rispettosi, oltraggiosi, fanno le corna, ridacchiano e così è successo l’altro giorno per quel gruppo di donne, che quando è arrivato il custode se ne sono andate velocemente. Nessuno, però, le ha viste sputare».
Una versione, quella del parroco, ben diversa da quelle incontrate sopra: niente sputi, tanto per cominciare. L’uomo chiarisce, inoltre, la dinamica dell’altra vicenda, che ha per protagonisti due ragazzi asiatici (e non arabi):
«Sono entrati durante la celebrazione dell’Eucarestia, distribuivo ai fedeli le particole. Si sono messi in fila anche loro, ma avevo capito che c’era qualcosa che non andava, quando è stato il loro turno ho spezzato una particola e ho messo nella loro bocca soltanto un piccolo pezzo. Si sono allontanati ridendo e allora alcune fedeli si sono avvicinate ai due e hanno chiesto spiegazioni, hanno insistito perché restituissero quello che avevano in bocca, ma loro lo hanno sputato per terra e se ne sono andati».
Di “odio islamico” – come è stato scritto – in questi gesti non ne vediamo: vediamo, invece, mancanza di rispetto e maleducazione, caratteristiche comuni, purtroppo, a tantissimi individui e che prescindono da nazionalità, etnia o religione.
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