An asylum-seekers at the Ciampino Airport before his relocation in Sweden under EU relocation plan. ; From January to October 2015, more than 500,000 people have taken the dangerous journey via the Mediterranean Sea in order to reach Europe. In September 2015 the EU decided to relocate 120,000 asylum seekers who arrived in Italy and Greece, the principal entry points to Europe for refugees, to other European countries. The relocation process started in early October with the first group of asylum seekers being relocated from Italy to Sweden.
Di Alessandro Lanni (@alessandrolanni)
A due anni esatti dal varo della relocation, il dispositivo che avrebbe dovuto garantire una più equa redistribuzione dei richiedenti asilo tra gli stati membri dell’Ue, i numeri sono chiari. Alla scadenza del programma di solidarietà (lo scorso 27 settembre) sono stati ricollocati solo 9078 richiedenti asilo provenienti dall’Italia e 20.066 dalla Grecia.
Un meccanismo ideato nel pieno della cosiddetta “crisi dei rifugiati” del 2015 per alleviare la pressione su due soli paesi – non certo risolverla – non ha raggiunto il suo obiettivo. Una pressione generata, va detto, da quel regolamento di Dublino, che impone di presentare la richiesta d’asilo nei paesi di primo ingresso, e che aveva creato un collo di bottiglia in Italia e Grecia, quasi unici approdi per l’Europa.
A partire dal settembre di quell’anno, quando il Consiglio europeo ha varato il “programma di relocation” nell’ambito dell’agenda europea sulla migrazione, ogni stato dell’Unione avrebbe dovuto farsi carico di una quota percentuale di chi arriva in Grecia e in Italia e ha già iniziato la procedura della richiesta d’asilo. Destinatari del meccanismo di ricollocamento sono i richiedenti asilo provenienti da paesi con un tasso di riconoscimento di protezione superiore al 75% (in base ai report trimestrali dell’Eurostat). Un totale di quasi centomila persone da distribuire nei paesi dell’Ue alle quali vanno aggiunte altri 7745 ancora da redistribuire e 54.000 siriani provenienti dalla Turchia e ancora non compresi nelle quote decise dall’Ue. Un totale di dunque 160mila richiedenti asilo.
Pochi, pochissimi gli stati virtuosi. Molti quelli che hanno svicolato rispetto alle responsabilità Ue o che hanno fatto esplicitamente muro contro la relocation dei migranti. Il gruppo di Visegrád formato da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia è stato – è cosa nota – il più duro e fermo contro la solidarietà europea. La Budapest di Orban in due anni non ha accolto neanche un richiedente asilo sui 1294 dal meccanismo; Varsavia 0 su 6182, Praga ha accolto 12 (su 2691) richiedenti asilo provenienti dalla Grecia e Bratislava 16.
Poi ci sono tutti gli altri stati membri che per lungaggini burocratiche, opzioni politiche ecc. non hanno raggiunto la quota condivisa. La Spagna ha accolto solo il 14% di richiedenti asilo previsti, il Belgio il 26%, l’Olanda il 40% e il Portogallo quasi il 50%. La Germania ne ha accolti circa 8300 su 27.536. Tra i paesi più virtuosi c’è la Finlandia con 1975 su 2078 pari a circa il 95% dell’impegno previsto dall’Ue.
Solo la piccola Malta, avamposto dell’Ue al centro del Mediterraneo, ha raggiunto la quota di ricollocamenti che le era stata assegnata da Bruxelles due anni fa.
Alla “pigrizia” di molti stati europei va anche aggiunta la difficoltà di organizzazione degli hotspot in Grecia e in Italia. Un dispositivo come la relocation avrebbe dovuto realizzare dei corridoi privilegiati per i richiedenti asilo entrati nel programma. Purtroppo non è stato sempre così e queste criticità hanno contribuito, dunque, al mancato raggiungimento della quota prefissata due anni fa.
L’invito dell’Unhcr è ad andare avanti. «Sebbene il programma della relocation abbia raggiunto solo parzialmente l’obiettivo previsto – ha dichiarato Pascale Moreau, direttrice dell’ufficio europeo dell’alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite – è stato dimostrato che è di vitale importanza. Ha contribuito a facilitare la situazione umanitaria in Grecia, alleviato la pressione sull’Italia e ha migliorato la vita di molte persone che cercano protezione. Speriamo che questo importante gesto di solidarietà possa continuare oltre la scadenza del 26 settembre».
«Nella situazione attuale – prosegue Moreau – la necessità di una responsabilità condivisa rimane forte». Almeno fin quando non sarà riformato il meccanismo del regolamento di Dublino, che ha condotto a questa situazione obbligando i richiedenti asilo a chiedere protezione nel paese di primo ingresso, ovvero, principalmente, Italia e Grecia.
Malgrado l’insuccesso, il destino del programma di relocation potrebbe non essere segnato definitivamente. Il commissario per l’immigrazione Ue Dimitris Avramopoulos ha chiesto un’estensione del programma di relocation. «Fino a quando non avremo un regolamento di Dublino strutturale e aggiornato, con un relativo sistema di distribuzione per le crisi, mi aspetto che gli Stati membri continuino a mostrare solidarietà, per alleviare ancora di più la pressione su Grecia e Italia».
Fonte: Commissione europea (dati aggiornati al 3-10-2017)
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L’immagine in evidenza è di ©UNHCR/Alessandro Penso
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