Il numero del quotidiano Libero oggi in edicola apre la prima pagina con questo titolo: “Dopo la miseria portano le malattie”. Il sommario precisa: “Immigrati affetti da morbi letali diffondono infezioni. Basta che una zanzara punga prima un malato e poi uno sano e quest’ultimo muore. Il governo se ne disinteressa e insiste con l’accoglienza”. Questo apparato di titolazione è chiusa da un catenaccio, cioè da una notizia che viene inquadrata nello stesso ambito tematico del caso di malaria: “I verbali dello stupro di Rimini: Violenza oltre ogni immaginazione e doppia penetrazione”.
Pressoché identica l’impostazione che il quotidiano Il Tempo dà alla stessa notizia: il titolo è “Ecco la malaria degli immigrati”.
Come i direttori di Libero e de Il Tempo sicuramente sanno, nel 2008 i giornalisti italiani si sono dati un codice deontologico, noto come “la Carta di Roma”. Detta alcune regole alle quali i giornalisti italiani devono attenersi quando si occupano di immigrati, rifugiati, richiedenti asilo e vittime della tratta. Regole che derivano dalla regola deontologica fondamentale, quella che impegna i giornalisti a restituire ai lettori la verità sostanziale dei fatti.
I titoli citati, come è evidente, fanno un’operazione contraria: la stravolgono. A partire da un caso unico, verificatosi in circostanze ancora in via di accertamento, di un contagio all’interno delle mura di un ospedale, si tenta di accreditare l’idea che gli immigrati (gli stessi che stuprano, come suggerisce il catenaccio di Libero), portano anche malattie letali. Si tratta, semplicemente, di una notizia falsa. Che, nel sommario di Libero, viene corroborata da una descrizione del processo di trasmissione della malaria analogo, negli effetti, al morso di un cobra.
Ci sarebbe da ridere se il problema non fosse serissimo: due organi d’informazione, attraverso la falsificazione della realtà, gettano un altro po’ di concime nel terreno, purtroppo già fertilissimo, dove germoglia il discorso d’odio. Naturalmente faremo un esposto disciplinare, nella speranza che venga esaminato al più presto. Qua non siamo in presenza soltanto di una violazione della Carta di Roma, ma della norma su cui si fonda l’intera deontologia dei giornalisti. Nell’attesa ci permettiamo di rivolgere al collega Nicola Marini, presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti, una domanda: questo modo di procedere è compatibile con la nostra professione?
Giovanni Maria Bellu (presidente Associazione Carta di Roma)
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