Da oggi, 1° febbraio l’agenzia europea Frontex dà il via alla missione europea “Themis”, che sostituisce “Triton”. La nuova operazione – il nome Themis deriva dalla mitologia greca, è la dea greca del diritto e della legge – come si legge sulle pagine dell’Avvenire, “allarga il raggio di azione oltre alle normali operazioni di ricerca e salvataggio in mare, con un più forte accento sulla protezione delle frontiere marittime della Ue, anzitutto in sostegno dell’Italia. Ciò accentuando l’aspetto di polizia, con il monitoraggio dei traffici criminali, non solo di migranti, ma anche di droga e potenziali terroristi, con il trasferimento di informazioni di intelligence alla polizia italiana e a Europol”.
Tre le principali novità della missione “Themis”. La prima: l’allargamento delle competenze, appunto non solo Sar (salvataggio e soccorso in mare) ma anche il monitoraggio delle attività criminali (traffici di droga e terrorismo) e controllo transfrontaliero.
La seconda novità è l’estensione dell’area di intervento: a est Turchia e Albania, le acque del sud della Sardegna e, novità assoluta, il mare Adriatico.
Terza novità, cruciale nella gestione de flussi migratori in Italia: “a partire da oggi spiegano al ministero dell’Interno, la linea di pattugliamento delle nostre unità navali sarà posta a 24 miglia dalla coste italiane. Dunque arretrerà e ridurrà la nostra area operativa. Al di là di questa linea, torneranno a valere le leggi internazionali” (Vladimiro Polchi su Repubblica, riportando le parole di Fabrice Leggeri, direttore dell’Agenzia europea Frontex).
Detto in altri termini “via all’obbligo previsto con Triton di tenere i nostri porti aperti a tutti i soccorsi. Se i migranti saranno intercettati in acque internazionali, per esempio da mezzi spagnoli o francesi o maltesi, si valuterà di volta in volta il porto più sicuro, che non sempre è il più vicino. Insomma l’Operational plan di Triton è saltato”. Non c’è più dunque l’obbligo di portare i migranti solo in Italia in quanto porto sicuro. Anche Malta, in quanto riconosciuta come porto sicuro, potrebbe diventare nuova destinazione di arrivi.
Nell’avvio della missione viene specificato che le navi straniere impegnate nelle operazioni di ricerca e salvataggio debbano “seguire la legge del mare”. Vuol dire che gli stranieri a bordo dovranno essere accolti dallo Stato che controlla quell’area, scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera. Modifica che ha scatenato, si legge nell’articolo, le ire delle autorità maltesi da sempre restie a soccorrere migranti e profughi, anche quando nelle loro acque di competenza.
Resta ancora escluso il porto di Tunisi, scrive Francesco Grignetti su La Stampa, perché “secondo la Corte dei diritti di Strasburgo sarebbe sì vicino, ma non abbastanza sicuro in termini di tutela dei diritti per i richiedenti asilo”.
Inoltre, Marco Ludovico, dalle pagine de Il Sole 24 ore, ipotizza la probabile modifica anche della Operazione Sophia, guidata dall’Ammiraglio Credendino, proprio a seguito del cambiamento degli obiettivi della missione Themis. Cambiamento che, nelle dichiarazioni di Leggeri va ne senso di potenziamento dei controlli per una migliore sicurezza della Ue.
Restano aperte alcune questioni: la compresenza di due operazioni, Themis e Sophia-Eunaformed con due centri di comando operativo differenti, dogane e guardie costiere, nella prima, la Marina militare nella seconda. Le ostilità, già espresse dalle autorità maltesi, nell’accoglienza di migranti e profughi. Il livello di sicurezza, come rileva il Sole 24 ore, nel territorio libico “a cominciare proprio dalle aree di partenza dei migranti, come Sabrata, dove negli ultimi giorni scontri e violenze hanno avuto una recrudescenza e le proteste contro gli italiani non sono mancate”.
E su tutto le condizioni dei migranti e dei profughi nei centri di detenzione in Libia. In attesa, dell’attuazione dei corridoi umanitari con la Libia, più volte annunciati dal Governo italiano, restano le condizioni disumane in cui versano migliaia di persone.
Oggi il Corriere della Sera riporta l’intervista a Joanne Liu, Presidente internazionale di Medici Senza Frontiere che racconta la visita nei centri di detenzione illegale in Libia: “Ne ho visitati due vicino Tripoli nel settembre scorso. Non li chiamerei campi. Sono depositi di persone. Nei miei 22 anni in Medici Senza Frontiere non avevo mai incontrato un’incarnazione così estrema della crudeltà umana”.
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