Il confronto sulla rappresentazione dei migranti in Italia torna a Lampedusa grazie al dibattito sulla Carta di Roma ospitato dal campo di Amnesty International. Dal blog dell’iniziativa il post di Valentina, una delle partecipanti.
Le parole che contano Parole che leggiamo sui giornali, ascoltiamo in televisione, contribuiscono a creare una rappresentazione del fenomeno dell’immigrazione spesso superficiale, distorta, distante dalla realtà. Di questo ci ha parlato Martina Chichi, dell’Associazione Carta di Roma, nel suo intervento al campo di Lampedusa martedì 21 luglio. Prima non conoscevo Carta di Roma. Non sapevo ci fosse un codice deontologico da promuovere e da far rispettare presso quelle redazioni che non usano una terminologia giuridica adeguata o diffondono informazioni non corrette sul tema dell’immigrazione. Spesso ho provato “rabbia” leggendo alcuni articoli o titoli di giornale con toni allarmistici, che parlano dell’immigrazione come di una continua emergenza, un pericolo da allontanare, una massa da contenere, o che rappresentano i migranti come protagonisti negativi di storie di cronaca. Eppure ci sarebbero principi – appunto quelli del codice deontologico, quali usare terminologia corretta, non diffondere notizie manipolate, tutelare l’identità di chi parla col giornalista oppure interpellare organizzazioni esperte in materia – che i giornalisti potrebbero rispettare per evitare cheun’informazione distorta, parziale e scorretta possa contribuire a creare intolleranza nei confronti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Al contrario, un’informazione corretta e completa può concorrere a costruire una società aperta e disposta a integrare. A questo punto mi chiedo: perché l’informazione non sia più sbilanciata, superficiale, ripetitiva, distorta o contraddittoria cosa posso fare io? Forse diventare una lettrice “attiva”– per usare un termine di Martina – pormi delle domande, pretendere un’informazione di qualità, partecipare o sostenere progetti della società civile sulla corretta informazione. In altre parole, contro le parole che dividono, esigere solo parole che contano.
Parole che leggiamo sui giornali, ascoltiamo in televisione, contribuiscono a creare una rappresentazione del fenomeno dell’immigrazione spesso superficiale, distorta, distante dalla realtà.
Di questo ci ha parlato Martina Chichi, dell’Associazione Carta di Roma, nel suo intervento al campo di Lampedusa martedì 21 luglio.
Prima non conoscevo Carta di Roma. Non sapevo ci fosse un codice deontologico da promuovere e da far rispettare presso quelle redazioni che non usano una terminologia giuridica adeguata o diffondono informazioni non corrette sul tema dell’immigrazione.
Spesso ho provato “rabbia” leggendo alcuni articoli o titoli di giornale con toni allarmistici, che parlano dell’immigrazione come di una continua emergenza, un pericolo da allontanare, una massa da contenere, o che rappresentano i migranti come protagonisti negativi di storie di cronaca.
Eppure ci sarebbero principi – appunto quelli del codice deontologico, quali usare terminologia corretta, non diffondere notizie manipolate, tutelare l’identità di chi parla col giornalista oppure interpellare organizzazioni esperte in materia – che i giornalisti potrebbero rispettare per evitare cheun’informazione distorta, parziale e scorretta possa contribuire a creare intolleranza nei confronti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo.
Al contrario, un’informazione corretta e completa può concorrere a costruire una società aperta e disposta a integrare.
A questo punto mi chiedo: perché l’informazione non sia più sbilanciata, superficiale, ripetitiva, distorta o contraddittoria cosa posso fare io?
Forse diventare una lettrice “attiva”– per usare un termine di Martina – pormi delle domande, pretendere un’informazione di qualità, partecipare o sostenere progetti della società civile sulla corretta informazione.
In altre parole, contro le parole che dividono, esigere solo parole che contano.
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