La nota dell’Arci denuncia le condizioni abitative e lavorative dei braccianti che si trovano nella piana di Gioia Tauro, dimenticate dalla stampa
Di Articolo 21
“Il grave episodio avvenuto due gironi fa a San Ferdinando, riaccende i riflettori dei media e dell’opinione pubblica nazionale sulla situazione dei braccianti agricoli di Rosarno dove, dopo la rivolta del 2010, le loro condizioni di vita sono ulteriormente peggiorate. Sull’omicidio, la magistratura chiarirà la dinamica dell’episodio, resta il fatto che un intervento d’ordine pubblico si è risolto in tragedia. Ma la questione Rosarno va molto al di là di questo pur gravissimo episodio”. Lo scrive l’Arci in una nota.
“L’esistenza di una tendopoli, in cui sono costretti a vivere i migranti in condizioni di assoluto degrado, rappresenta una vergogna per qualsiasi paese civile e non può che generare rabbia ed esasperazione. Il caporalato, le disumane condizioni di sfruttamento dei lavoratori stranieri sono la norma. E negli ultimi mesi sono riprese le aggressioni contro di loro. Una situazione insostenibile che ha portato ieri i migranti a scendere in strada a protestare e che non può e non deve essere affrontato soltanto come questione di ordine pubblico e con strumenti d’emergenza. Occorre pianificare un intervento, attuare programmi che favoriscano l’integrazione, trovare soluzioni adeguate per consentire ai cittadini stranieri che lavorano nei campi del Sud Italia, e in particolare a Rosarno, di poter vivere dignitosamente, in autonomia, consolidando il proprio progetto migratorio”.
Nella foto l’Esca, ex Opera Sila, il maggiore insediamento per i lavoratori stagionali delle campagne tra Rosarno e Gioia Tauro dal 2009 fino agli scontri del 7 gennaio 2010. Foto di Andrea Scarfò.