Di Redattore sociale
ROMA – Accogliere in famiglia, a casa propria, anche per rispondere attivamente ad un clima di chiusura nei confronti dei migranti. È questa la molla che è scattata nella famiglia di Annalisa che ha deciso di aprire le porte di casa assieme al suo compagno Alessio, e ai loro due figli, Giulia di 10 anni e Leonardo di 7. Ad essere ospitato a casa di questa famiglia bolognese è Mori, un ragazzo di vent’anni nato in Costa d’Avorio e arrivato in Italia dopo un viaggio di oltre 7 mila chilometri. Arrivato a Bologna, Mori è stato inserito in Vesta, un progetto di accoglienza del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati pensato per accompagnare i ragazzi stranieri verso l’autonomia e l’integrazione. Alla storia di Mori è dedicato uno dei podcast di “Radio Bologna Cares”, un progetto a cura della Rete Siproimi della città metropolitana di Bologna e dell’agenzia di produzione podcastMelting POD per raccontare storie e notizie dal mondo dell’accoglienza. “Era il momento in cui c’era una forte propaganda antimigranti – racconta Annalisa -. Ero molto scossa da questa cosa. Parlai col mio compagno di questo tipo di percorso e lui mi disse di sì. Abbiamo fatto delle ricerche e siamo arrivati al progetto Vesta”. Il progetto, che prende il nome della dea romana del focolare domestico, mira a promuovere un’accoglienza in famiglia dal 2016 ed è realizzato dalla cooperativa Cidas che che mette a disposizione un’equipe di operatori, assistenti sociali, psicologici e avvocati. Ad oggi, il progetto ha permesso l’accoglienza in famiglia a 54 persone, mentre quattro minori sono stati affidati. L’esperienza di Mori in famiglia è durata due anni e ha portato a grandi risultati. “Ora mi chiama mamma – racconta Annalisa -. Oggi è autonomo. Ha preso la patente. Fino al mese scorso lavorava in un’azienda che si occupava di condizionatori, poi ha deciso di cambiare e ora fa il magazziniere in un supermercato ed è riuscito ad avere il rinnovo del permesso di soggiorno”. Affianco alle famiglie, gli operatori di Cidas che promuovono un percorso di accompagnamento costante. “Credo che sia più semplice di quanto si possa immaginare – racconta Annalisa -. Ho parlato con tante persone che hanno accolto e tutte hanno riscontrato tanti lati positivi. I lati negativi riguardano piccole cose, piccoli attriti, come puoi averlo col collega o con la cassiera del supermercato ma che non vanno ad inficiare un percorso. La discussione di una giornata non mette in dubbio due anni di vita passati insieme”.
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