Nel dossier di Lunaria si analizzano i casi di opposizione rispetto alle politiche di accoglienza e le responsabilità politiche soprattutto in relazione ai decreti legge al vaglio parlamentare
Un’intolleranza sempre più diffusa e delle scelte politiche che privilegiano dinamiche di controllo ed espulsione sono alcuni punti al centro del rapporto di Lunaria sull’accoglienza.
Nel dossier si analizzano 210 episodi di rifiuto dell’accoglienza che assume diverse forme: “semplici dichiarazioni verbali di rilievo pubblico, con gli strumenti della propaganda (manifesti, striscioni, volantini) fino ad arrivare all’organizzazione di iniziative pubbliche (petizioni, lettere aperte, manifestazioni)”.
«È preoccupante la diffusione di una prassi che tende a ostacolare sempre più l’apertura e la presenza delle strutture di accoglienza sul territorio, abbiamo analizzato i casi di opposizione nel 2016, ma il 2017 sta mantenendo lo stesso tenore – evidenzia Grazia Naletto, presidente di Lunaria – i casi individuati sono esemplificativi di una preoccupazione a livello generale poiché raccontano un consolidamento della cultura del rifiuto che nel dibattito pubblico è molto presente e che sempre più spesso si manifesta in comportamento sociale».
Questo discorso violento ha trovato sanzioni solo in due episodi ma è comunque interessante sottolineare il caso del tribunale di Milano che, a seguito di un discorso antidiscriminazione presentato da Asgi e Naga, ha affermato il carattere discriminatorio dell’espressione “clandestini” riferita ai 32 richiedenti asilo che dovevano essere accolti a Saronno.
Tra le argomentazioni addotte a sostegno di questi comportamenti, sottolinea Naletto, «si diffonde l’idea che vi sia una sorta di competizione tra cittadini nazionali e stranieri soprattutto nell’ambito dell’accesso ad alcuni diritti fondamentali tra i quali sicuramente quelli sociali e lavorativi, si diffonde così, in una fascia dell’opinione pubblica, la convinzione che gli attuali arrivi di richiedenti asilo siano insostenibili dal punto di vista del funzionamento del nostro sistema di welfare. Questo determina anche dei comportamenti che passano dalla semplice retorica alla pratica concreta di opposizione alle politiche territoriali di accoglienza».
Come accaduto nel caso riportato dal dossier dello striscione apparso durante una manifestazione a Volpago del Montello il 28 dicembre alla fiaccolata per dire “no” all’arrivo dei richiedenti asilo all’ex polveriera, che diceva ‘Benvenuti sul Montello, sarà il vostro inferno’.
Decreti legge: le associazioni antirazziste si mobilitano
Attualmente sono in discussione in Parlamento i decreti legge n.13 del 17 febbraio 2017 e n.14 del 20 febbraio 2017. Tali decreti intendono, tra le diverse cose, abolire il secondo grado d’appello in caso di rigetto della domanda di protezione da parte delle Commissioni territoriali di asilo, e modificare il sistema di detenzione amministrativa dei Cie (centri identificazione ed espulsione). Secondo il dossier, con i decreti legge si concretizzerebbe una “criminalizzazione dei cittadini stranieri e dei soggetti più deboli offrendoli come capri espiatori all’opinione pubblica con intento rassicurante”. Lunaria nel dossier ricostruisce l’iter legislativo e si oppone alla conversione dei decreti in legge: «Inoltre, il 21 marzo ci sarà un’assemblea nazionale che riunirà principali organizzazioni antirazziste per condividere delle proposte rispetto a una strategia finalizzata a condizionare i contenuti dei due decreti. Sappiamo infatti che, proprio a seguito delle molte osservazioni critiche avanzate da magistrature e associazioni di tutela in Parlamento, si sta lavorando a modificare almeno alcuni passaggi», sottolinea Naletto.
Promuovere una buona accoglienza ordinaria che metta in rete forze e persone è una delle soluzioni possibili anche per contrastare quella che il dossier indica come “la legittimazione pubblica dell’intolleranza, dell’odio e del razzismo”. “A essa – si legge nel rapporto – concorrono sia coloro che la promuovono attivamente ed esplicitamente, sia coloro che, potendolo, evitano di stigmatizzarla pubblicamente. In questo processo il ruolo svolto dalle persone che rivestono un ruolo politico o istituzionale e dai principali mezzi di informazione è ancor più rilevante e necessario”.