«65 sono stati i centri di accoglienza all’interno dei quali abbiamo chiesto di entrare» ribadisce con chiarezza il numero Gabriella Guido, portavoce di LasciateCIEntrare al termine della conferenza stampa di oggi «i permessi sono stati concessi per circa 40 strutture, tra le quali non figura nessun hotspot. Siamo riusciti a coprire così la metà del territorio nazionale: Friuli, Veneto, Piemonte, Lazio, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia, Sardegna» ma si resta in attesa per colmare la differenza fino 65 richieste.
Tra i problemi riscontrati nelle strutture vi è un sovraffollamento endemico «che talvolta determina anche l’assenza di pasti, o la mancata garanzia dei servizi sanitari. La ragione è da rintracciarsi in un approccio ancora una volta emergenziale, soprattutto si è impreparati dal punto di vista delle competenze» mancano i mediatori culturali, ed oltre a qualche partita a pallone la grande protagonista è l’attesa. «Endemiche sono infatti anche le lungaggini per il riconoscimento del permesso di soggiorno: nonostante l’aumento delle commissioni territoriali capita a volte di aspettare anche un anno, sempre che non subentri il diniego, il ricorso e quindi altro tempo d’attesa».
Le strutture di accoglienza spesso soffrono dell’emarginazione in periferia, come la tendopoli in Veneto «dove ci sono circa 800 migranti, e sono di fatto in mezzo alla campagna». Gabriella Guido ribadisce come il sistema di accoglienza ministeriale Sprar gestisca di fatto solo il 30% della totalità dei migranti effettivamente presenti sul territorio «sia per mancanza effettiva di posti che per carenze nella risposta pratica da parte dei comuni che non presentano domande per gli stessi bandi Sprar».
Si tratta di un meccanismo che si annoda su se stesso «se il migrante rimane una anno in un centro di accoglienza, dove di fatto non ha appreso niente, talvolta neanche delle basi di lingua italiana, e poi viene mandato via, sarà una persona destinata a stare ai limiti della società. I tempi lunghi per la documentazione stanno di fatto foraggiando anche lo sfruttamento lavorativo illegale». L’approccio di accoglienza emergenziale è di fatto diventato un pantano per LasciateCIEntrare «il Governo deve capire che serve una sterzata, l’accoglienza è una questione di welfare non di ordine pubblico. Dovrebbe essere gestita dai Comuni, dalle cooperative terzo settore con esperienza, non dalle questure e dai militari. Ovviamente sarebbe indispensabile un monitoraggio così da evitare, come accaduto un mese fa, che una cooperativa poi implicata con Mafia capitale, vinca un bando a Sassari sull’accoglienza».
È altrettanto importante affrontare anche le problematiche delle persone che sono già qui «abbiamo constatato come vi sia un aumento esponenziale minori stranieri non accompagnati, anche di otto nove anni, famiglie, molti giovani, 18 – 20 anni».
E per il futuro? «Continueremo a fare pressione a livello locale e nazionale fintanto che qualcuno non avrà coraggio di cambiare l’approccio. Bene per l’ingresso dei giornalisti negli hotspot ma noi vogliamo capire se lì vengono rispettati i diritti umani e giuridici, vorremo poter entrare anche con avvocati e mediatori». È una questione di prospettive, da modificare radicalmente.
La foto in evidenza è di MeltingPot
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