Marco di Rovereto. A due mesi dallo stupro subito da una ventiquattrenne, i risultati del test del dna scagionano tutti i profughi residenti nel centro d'accoglienza della frazione trentina
È stato facile puntare il dito contro gli ospiti del centro di accoglienza di Marco di Rovereto, ma a meno di due mesi dall’episodio di violenza che ha dato inizio a un acceso dibattito politico nel comune in provincia di Trento, i risultati del test del dna cancellano ogni sospetto sui profughi.
La vicenda ha avuto inizio a fine luglio, quando una giovane ha subito uno stupro non lontano da una struttura che accoglie oltre settanta richiedenti asilo. La vicinanza dal centro e il fatto che la vittima avesse descritto l’aggressore come un uomo di “carnagione scura” sono stati immediatamente sfruttati da alcuni politici locali per avviare una campagna contro i profughi della zona: presumendo che il colpevole si trovasse tra loro, diversi esponenti di partito indicavano come soluzione la chiusura della struttura di accoglienza e l’allontanamento dei richiedenti asilo da Marco di Rovereto. È arrivata così la decisione di sottoporre gli ospiti del centro (tutti regolarmente rientrati la sera in cui è avvenuta la violenza) al test del dna.
Carta di Roma era intervenuta per mettere in guardia le testate dalla possibilità di cavalcare una strumentalizzazione politica resa ancora più grave dal fatto che si stesse speculando su un caso di violenza sessuale («Il caso da tenere d’occhio. Aggressione a Rovereto, attenzione alle strumentalizzazioni politiche»). L’accaduto, infatti, aveva avuto grande risalto sulle pagine di cronaca locale e se solo alcuni titoli fuorvianti parlavano di violenza avvenuta al centro (e non vicino), la maggior parte degli articoli mescolava cronaca e dibattito politico creando confusione sui fatti avvenuti.
Dopo alcune settimane di attesa i risultati del test del dna sono arrivati, ma questa volta non è stato dato altrettanto spazio alla notizia. L’esito tanto atteso non è più sembrato tanto importante, forse perché invece di individuare un colpevole ha scagionato tutti i richiedenti asilo del centro. Pochi gli articoli (ne scrivono ai seguenti link L’Unione Sarda, Trentino e La voce del Trentino) e toni ridimensionati; la notizia questa volta passa inosservata.
L’indifferenza verso il risultato del test appare ancor più strano perché Rovereto a inizio settembre, circa dieci giorni prima della diffusione dell’esito, è stato protagonista di un’altra vicenda che ha fatto scalpore in Italia e in Europa: la decisione della consigliera comunale di origine marocchina Aicha Mesrar (Pd) di lasciare la città, esasperata dalle minacce ricevute («Sappiamo accettare le diversità» – Mesrar lascia l’Italia, politica divisa – Il caso Mesrar finisce al Consiglio d’Europa, Corriere del Trentino; Italia intollerante, me ne vado, La Stampa; Troppe minacce, la consigliera isiamica lascia l’Italia, QN).
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