Potrebbe sembrare l’incipit di una delle numerose notizie di cronaca che hanno per protagonista l’accoglienza. Invece è la trama di una commedia
Un hotel vicino al fallimento. Un proprietario che decide di aprire le porte ai rifugiati per non essere costretto a chiuderle definitivamente, tra pregiudizi e resistenze.
Una storia familiare, che ascoltiamo e riascoltiamo ai telegiornali e in radio, che leggiamo sulle pagine di cronaca. Oppure, come in questo, caso la trama di un film.
“Welcome to Norway!”, proiettato in concorso al francese Arras Film Festival, è una commedia norvegese diretta dal regista Rune Denstad Langlo, il quale attraverso sorrisi e risate amare porta lo spettatore a riflettere sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione.
Sorrisi amari sul sistema d’accoglienza e sulle sfide dell’integrazione
«Essere leggero non significa necessariamente essere superficiale. Penso che si possa fare una commedia che si ispiri a un tema di bruciante attualità. Anche l’umorismo trova spazio nei momenti tragici della vita», ha affermato il regista in un’intervista a Cineuropa. Nel film migranti e rifugiati sono presenti tra attori e comparse, portando il loro bagaglio d’esperienza sul set.
Consapevole della delicatezza dell’argomento trattato, fenomeno con il quale molti paesi si stanno confrontando, Rune Denstad Langlo ha spiegato al portale europeo dedicato al cinema di aver lavorato con attenzione ai personaggi che rappresentano i rifugiati, affinché non risultassero “deumanizzati”: «Ci tenevo particolarmente che questa tenerezza e calore umano fossero presenti, che i personaggi non fossero delle semplici pedine, delle entità anonime. Quando si parla di rifugiati, talvolta si ha la tendenza a dimenticare che si ha che fare con esseri umani».
Il regista ha voluto che i personaggi del film non si adeguassero a quella rappresentazione mediatica stereotipata che dipinge i rifugiati per lo più come figure passive: «È vero che a volte portano con sé storie molto dolorose, ma questo non giustifica il fare di loro esclusivamente delle vittime, perché a volte sono dotati di personalità forti, come Lars, il mio bisnonno, partito per gli Stati Uniti a diciannove anni». Da qui, secondo Rune Denstad Langlo, bisognerebbe partire: ricordare che, a nostra volta, siamo stati migranti, per scelta o forzati.