Si tratta di un’iniziativa interattiva online per promuovere e diffondere i dati che spesso sono offuscati dagli stereotipi sul tema migrazione. A seguito della campagna #Milionidipassi Msf ha raccolto numerose domande, che sono poi diventate oggetto dell’iniziativa Anti-slogan, pensata in particolare per la condivisione sui social network, Facebook e Twitter.
In pagina, sotto i titoli, corrispondenti alle “dieci leggende più diffuse sulla migrazione” c’è un evidente pulsante rosso per voltare la pagina e scoprire cosa si celi effettivamente dietro quel luogo comune, attraverso dati e fatti.
Secondo Loris De Filippi, presidente di Msf «l’Anti-slogan è la nostra proposta per dare a tutti l’opportunità di capire e per restituire umanità all’approccio comune verso persone in drammatiche difficoltà». L’obiettivo è favorire una conoscenza più immediata possibile che sia essa stessa tramite di informazioni corrette.
Sicilia. Medici Senza Frontiere attende in banchina che migranti e rifugiati sbarchino, per poter fornire loro assistenza medica e psicologica. Foto ©Alessandro Penso
Accoglienza di lusso, lavoro rubato, numeri di migranti presenti sul territorio sono alcuni degli stereotipi che quest’iniziativa mira a scardinare.
La salute, con lo slogan “Ci portano malattie” è il primo ad essere sconfessato, ecco come:
I migranti non rappresentano n rischio per la salute pubblica. È allarmante che continuino a circolare notizie false a questo proposito. Nel corso di oltre dieci anni di attività mediche in Italia, MSF non ha memoria di un solo caso in cui la presenza di immigrati sul territorio sia stata causa di un’emergenza di salute pubblica. Spesso, associate all’arrivo dei migranti, vengono citate malattie come Tubercolosi, Ebola e scabbia. Siamo sicuri di conoscerle? La tubercolosi è presente in Italia da decenni, non è stata recentemente importata dagli stranieri e non si trasmette con una stretta di mano, prendendo lo stesso autobus o frequentando gli stessi spazi pubblici. Dove bisogna agire per ridurre il rischio di riattivazione dell’infezione? Essenzialmente sulle condizioni di vita (denutrizione o cattiva nutrizione, scarsa igiene), di lavoro e di alloggio (permanenza in luoghi chiusi, sovraffollati e scarsamente arieggiati e illuminati). L’approdo dell’ebola con i migranti che sbarcano sulle coste siciliane è più che remoto. Sono almeno 5.000 i chilometri da percorrere per arrivare alle coste del Nord Africa dai Paesi dove si manifesta il virus Ebola ed è impensabile percorrerli per via terrestre in meno dei 21 giorni che rappresentano il periodo d’incubazione della malattia. Il virus Ebola è molto letale e nella maggior parte dei casi provoca malattia sintomatica e poi morte nell’arco di pochi giorni dall’infezione. Questo vanifica la possibilità che una persona infettata si avventuri verso l’Europa in un viaggio che generalmente dura diversi mesi. La scabbia è una malattia della pelle ed è sinonimo di condizioni igieniche molto precarie. L’infezione si diffonde con maggiore facilità nei luoghi affollati e nelle situazioni in cui vi sono molti contatti ravvicinati. La scabbia in Italia c’è da sempre, anche se è una malattia di facile cura (pochi giorni di trattamento con una pomata). Le persone che affrontano lunghi e rischiosi viaggi via terra e via mare non solo sono esposte alle comuni malattie ma anche a traumi fisici e psichici. MSF ha condotto centinaia d’interviste a persone soccorse in mare tra il 2015 e il 2016 che hanno rivelato l’allarmante livello di violenza e sfruttamento al quale i migranti sono sottoposti in Libia. Gli abusi riportati comprendono violenze (anche sessuali), detenzione arbitraria in condizioni disumane, torture e altre forme di maltrattamento, sfruttamento economico e lavoro forzato. È del tutto falso che, una volta sbarcate sulle coste italiane, le persone accedano al territorio nazionale senza alcun controllo sanitario. Il ministero dell’Interno e il ministero della Salute sono i garanti dell’attuazione di procedure di screening sanitario in tutte le fasi del transito in Italia (dallo sbarco all’ingresso nei centri di accoglienza). Le difficoltà in cui si trovano i migranti nei mesi successivi all’arrivo in Italia minano il loro stato di salute esponendoli a malattie legate al degrado, alla povertà e all’esclusione. Quando escono dal circuito d’accoglienza, una delle conseguenze della marginalità sociale in cui spesso vivono (precarietà abitativa, sfruttamento lavorativo) è proprio il mancato o limitato accesso alle cure mediche di base.
I migranti non rappresentano n rischio per la salute pubblica. È allarmante che continuino a circolare notizie false a questo proposito. Nel corso di oltre dieci anni di attività mediche in Italia, MSF non ha memoria di un solo caso in cui la presenza di immigrati sul territorio sia stata causa di un’emergenza di salute pubblica. Spesso, associate all’arrivo dei migranti, vengono citate malattie come Tubercolosi, Ebola e scabbia. Siamo sicuri di conoscerle?
La tubercolosi è presente in Italia da decenni, non è stata recentemente importata dagli stranieri e non si trasmette con una stretta di mano, prendendo lo stesso autobus o frequentando gli stessi spazi pubblici. Dove bisogna agire per ridurre il rischio di riattivazione dell’infezione? Essenzialmente sulle condizioni di vita (denutrizione o cattiva nutrizione, scarsa igiene), di lavoro e di alloggio (permanenza in luoghi chiusi, sovraffollati e scarsamente arieggiati e illuminati).
L’approdo dell’ebola con i migranti che sbarcano sulle coste siciliane è più che remoto. Sono almeno 5.000 i chilometri da percorrere per arrivare alle coste del Nord Africa dai Paesi dove si manifesta il virus Ebola ed è impensabile percorrerli per via terrestre in meno dei 21 giorni che rappresentano il periodo d’incubazione della malattia. Il virus Ebola è molto letale e nella maggior parte dei casi provoca malattia sintomatica e poi morte nell’arco di pochi giorni dall’infezione. Questo vanifica la possibilità che una persona infettata si avventuri verso l’Europa in un viaggio che generalmente dura diversi mesi.
La scabbia è una malattia della pelle ed è sinonimo di condizioni igieniche molto precarie. L’infezione si diffonde con maggiore facilità nei luoghi affollati e nelle situazioni in cui vi sono molti contatti ravvicinati. La scabbia in Italia c’è da sempre, anche se è una malattia di facile cura (pochi giorni di trattamento con una pomata).
Le persone che affrontano lunghi e rischiosi viaggi via terra e via mare non solo sono esposte alle comuni malattie ma anche a traumi fisici e psichici. MSF ha condotto centinaia d’interviste a persone soccorse in mare tra il 2015 e il 2016 che hanno rivelato l’allarmante livello di violenza e sfruttamento al quale i migranti sono sottoposti in Libia. Gli abusi riportati comprendono violenze (anche sessuali), detenzione arbitraria in condizioni disumane, torture e altre forme di maltrattamento, sfruttamento economico e lavoro forzato.
È del tutto falso che, una volta sbarcate sulle coste italiane, le persone accedano al territorio nazionale senza alcun controllo sanitario. Il ministero dell’Interno e il ministero della Salute sono i garanti dell’attuazione di procedure di screening sanitario in tutte le fasi del transito in Italia (dallo sbarco all’ingresso nei centri di accoglienza).
Le difficoltà in cui si trovano i migranti nei mesi successivi all’arrivo in Italia minano il loro stato di salute esponendoli a malattie legate al degrado, alla povertà e all’esclusione. Quando escono dal circuito d’accoglienza, una delle conseguenze della marginalità sociale in cui spesso vivono (precarietà abitativa, sfruttamento lavorativo) è proprio il mancato o limitato accesso alle cure mediche di base.
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