Di Paola Barretta per Premio Roberto Morrione
L’irrompere dell’emergenza sanitaria da Covid-19 nell’agenda dei media mainstream ha monopolizzato tutto lo spazio dedicato dall’informazione su salute e sanità, “le prime notizie sul covid-19, allora non ancora identificato con questo nome, ma definito piuttosto un ‘virus misterioso’, fanno la loro prima comparsa nei notiziari di gennaio e poi, con il progredire della diffusione del contagio, il virus diventa protagonista totalizzante dell’agenda dei notiziari, fino ad arrivare a ricoprire il 91% delle notizie delle reti generaliste nei mesi di marzo e aprile” (fonte https://www.osservatorio.it/salute-e-sanita-nei-tg-prima-del-coronavirus/).
A settembre, 8 persone su 10 si dichiarano preoccupate per le conseguenze del Covid-19 e, inoltre, come evidenzia il sondaggio svolto da Ilvo Diamanti, il 70% degli italiani pensa che l’epidemia durerà ancora per almeno un anno (2 italiani su 10 ritengono possibile una durata per molti anni). Solo pochi mesi prima, a maggio, la maggior parte degli italiani si aspettava una fine da lì a poco. Alle incertezze sulla salute, negli ultimi mesi si sommano quelle legate alla sfera economica: perdita del lavoro, impoverimento e peggioramento generale delle condizioni di vita (fonte: http://www.demos.it/a01759.php).
Ed è proprio nelle fasi di incertezza che la mediazione giornalistica svolge un ruolo cruciale per la descrizione e la comprensione degli eventi, soprattutto quelli complessi e articolati.
“Solo dando contesto a ciascun evento se ne possono capire le ragioni e le conseguenze [… ] certi che in questo mondo diventato piccolo, tra un cittadino dell’occidente e un contadino del Mekong e un paesano del Golfo Persico, tra loro vi sia un moltissimo in comune e che cercare di risolvere i problemi di tanti di loro è come risolvere e affrontare i problemi di tanti nostri concittadini. Basta spiegarlo. Per cercare di fare luce sui tanti angoli oscuri del pianeta”, così scriveva Roberto Morrione, praticando e promuovendo un modo di fare giornalismo all’insegna della ricerca delle ragioni e delle conseguenze degli eventi.
Lo stesso sguardo che ispira le inchieste giornalistiche, realizzate dai giovani partecipanti al Premio Morrione. Anche quest’anno colpiscono la profondità e le voci presenti nelle inchieste che raccontano temi di attualità da prospettive originali e poco conosciute.
I protagonisti dell’inchiesta “Ambasciator Porta Pena” sono i rappresentanti della comunità bengalese e, in particolare, il mercato illegale dei visti dal Bangladesh. Il mercato illegale dei visti – pratica che riguarda anche altri paesi di migrazione – non è un argomento presente nei mezzi di informazione mainstream. Non solo, il Bangladesh (ottavo paese nella classifica dei residenti stranieri) è presente nei notiziari del prime time e sulle prime pagine della stampa italiana, in tutto il 2020, in 3 notizie (tutte legate alla presenza di un cittadini bengalese positivo al Covid-19, dipendente presso una struttura ricettiva di Ostia).
Il furto di dati informatici, in particolare quelli sanitari, al centro dell’inchiesta “Ladri di dati” illumina un tema di grande attualità, legato alla sicurezza nazionale e a quella dei singoli cittadini, è presente in modo del tutto congiunturale nell’agenda mainstream e solo per casi di cronaca di casi eclatanti. Sono 11 le notizie presenti nei notiziari del prime time, tutte incentrate su fatti di cronaca specifici.
L’esportazione dall’Italia all’Africa occidentale di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui vogliamo disfarci, al centro dell’inchiesta “Un’altra rotta”, racconta di un fenomeno poco conosciuto che sposta il racconto della migrazione e dei suoi protagonisti dai flussi in arrivo (e dalla narrazione emergenziale) al commercio, all’economia, ai rapporti all’interno delle comunità e a quelli con i familiari nei paesi di origine. Nonostante la centralità del tema migratorio, la questione non è presente nell’agenda del prime time.
La presenza, in Italia, di un suprematismo bianco attivo nei social e pronto all’azione è al centro dell’inchiesta sperimentale “Buco Nero”: un podcast di 4 puntate che esplora i rischi della radicalizzazione dell’estrema destra e le “potenzialità” della rete nella diffusione del sostegno. L’ampia visibilità dei casi di razzismo e di discriminazione, la scelta di dare voce alle vittime, sono una novità del panorama informativo italiano di quest’ultimo anno e mezzo. Razzismo e discriminazione etnico-razziale entrano nell’informazione italiana in modo continuativo dopo l’uccisione di George Floyd negli Stati Uniti e la conseguente mobilitazione a livello internazionale. Le connessioni tra movimenti suprematisti, radicalizzazione via social e crimini di odio di matrice razzista risultano non presenti nell’informazione del prime time.
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