A cura di Asgi
A seguito di diverse pubblicazioni sui giornali di articoli di stampa sull’uso dello strumento del gratuito patrocinio da parte di cittadini stranieri che presentano ricorso contro il diniego della domanda di protezione, l’Asgi ritiene doveroso fare chiarezza .
L’art. 24 della Costituzione italiana garantisce a chiunque il diritto alla difesa e il gratuito patrocinio agli indigenti. Il diritto alla difesa e al gratuito patrocino è diritto fondamentale garantito a tutti anche dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (che è in vigore in tutti gli Stati europei, salvo la Bielorussia) e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Il diritto alla difesa contro le decisioni amministrative sulla domanda di riconoscimento della protezione internazionale rende effettivo il diritto di asilo nel territorio italiano che l’art. 10., comma 3 della Costituzione italiana garantisce a tutti gli stranieri a cui nel proprio Paese non è garantito l’effettivo esercizio delle libertà democratiche. Lo stesso diritto di asilo è garantito dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Il diritto fondamentale di ogni richiedente asilo ad ottenere un ricorso effettivo di fronte ad un giudice, comprensivo della difesa gratuita in caso di indigenza, contro ogni decisione negativa delle decisioni sulle domande di protezione internazionale è garantito in tutti gli Stati dell’UE dall’art. 46 della Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale. Tale diritto è attuato dall’Italia con gli artt. 16 e 35 del d.lgs. n. 25/2008.
Proprio perché si tratta di giudicare sul diritto d’asilo, che protegge bene essenziali e irripetibili della persona, come la vita, la sicurezza e la libertà, la garanzia di un eventuale ricorso giurisdizionale contro le decisioni amministrative è inderogabile e impedisce l’allontanamento dal territorio dallo Stato almeno fino a quando il giudice non decide sulla richiesta di sospensione degli effetti della decisione impugnata davanti al giudice stesso in attesa del giudizio finale sul ricorso, che, comunque, deve concludersi non oltre i sei mesi dalla presentazione del ricorso.
Per rendere effettivo il diritto di asilo e il diritto al ricorso giurisdizionale del richiedente asilo le norme dell’Ue e le norme nazionali stabiliscono anche che durante il periodo per la decisione sul ricorso egli abbia diritto a restare accolto nel sistema di accoglienza fino a quando non sia adottata una decisione definitiva (amministrativa o giudiziaria) sulla sua domanda.
Le recenti statistiche aggiornate sulle domande di asilo presentate in Italia dimostrano che non tutti i richiedenti asilo a cui sia stata rigettata la domanda presentano ricorso, ma soltanto da una metà di essi. I 3/4 dei ricorsi presentati sono accolti dai giudici. Nel 2014 coloro a cui non è stata riconosciuta alcuna forma di protezione sono 13.327, ma nello stesso periodo i ricorsi presentati presso la giurisdizione ordinaria verso i dinieghi o verso protezioni diverse dal riconoscimento dello status di rifugiato sono stati soltanto 7.343; di questi solo 558 sono stati chiusi e nel 77% (430) con esito positivo, ovvero sono stati accolti.
Tali dati chiariscono che con il gratuito patrocinio la presentazione dei ricorsi non è affatto generalizzata. L’alta percentuale di accoglimento dei ricorsi dimostra come essi siano in gran parte fondati, a conferma della validità del diritto alla difesa effettiva e gratuita. Tali percentuali accentuano l’ impressione che una parte notevole delle decisioni negative adottatedalle Commissioni territoriali siano infondate e dunque il giudizio sulla vicenda della persona sia stato svolto in modo poco approfondito. A ciò rimedia successivamente il giudice, figura imparziale sulla base dei ricorsi individuali, che, come prima detto, per i 3/4 non sono perciò affatto pretestuosi, ma fondati.
Come ricordato anche dall’ Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati a tutti gli stati europei, appare inutile e dispendioso per tutti (richiedenti asilo e autorità statali) adottare decisioni amministrative restrittive quando poi tali decisioni risultano annullate dal giudice imparziale.
Perciò per evitare un inutile dispendio di tempo, di energie e di spese (dei richiedenti asilo, degli avvocati, dei giudici, del sistema di accoglienza) sarebbe molto meglio adottare fin da subito un giudizio sulle domande di asilo molto più approfondito e fondato per evitare successivi ricorsi giurisdizionali. Ciò richiede procedure veloci e decisioni meglio meditate e più fondate, il che esige che tutti i componenti delle Commissioni territoriali, come esige la legge, siano davvero scelti tra persone competenti e preparate in materia di diritti umani e di diritto degli stranieri e che il numero delle Commissioni sia aumentato dal ministro dell’Interno (ancora oggi a legislazione vigente il ministro potrebbe istituirne altre 10).
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