A cura di Cronache di ordinario razzismo
Do you remember Balkan route?, senza mai perdere di vista il significato simbolico della frontiera, racconta come i profughi abbiano superato confini e attraversato binari, riscrivendo percorsi di memoria sulla geografia balcanica. Basato su materiale raccolto nel dicembre 2015, il progetto ha fotografato un periodo di transizione, quando la rotta balcanica era ancora attiva e come in un magazzino per la consegna dei pacchi smistava velocemente i profughi in transito dalla Serbia fino all’Austria e alla Germania. Tre capitoli per raccontare cosa accadeva in quel preciso momento storico su tre frontiere: tra Ungheria e Serbia, tra Serbia e Croazia e tra Croazia, Slovenia e Italia.
La Balkan route, il corridoio umano che ha permesso a migliaia di profughi provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan di attraversare i Balcani occidentali, si è aperta all’improvviso nell’estate del 2015. Nel giro di pochi mesi i numeri della marea umana che si muoveva da est verso nord sono aumentati, e la costanza del passo svelto delle persone che marciavano a piedi lungo sei nazioni pur di entrare in Europa, ha costretto i governi a prendere delle decisioni sulla loro sorte. Dopo la costruzione del muro in Ungheria voluto dal primo ministro Viktor Orban, e la decisione di sospendere gli accordi di Dublino e offrire asilo ai profughi, la Balkan route si è trasformata in un percorso assistito a scorrimento veloce per smistare l’esistenza degli esseri umani in fuga dalla miseria della guerra.
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In copertina una delle immagini del reportage multimediale ‘Do you remember Balkan route?’
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