Di Eleonora Camilli su Redattore Sociale
Si chiamava Blessing Matthew e aveva solo 21 anni. Era partita dalla Nigeria con l’idea di arrivare in Europa e diventare un medico, prendersi cura delle persone, aiutare i più fragili. Ma il suo sogno si è interrotto nella primavera di quattro anni fa sulle Alpi francesi: il corpo della ragazza è stato trovato il 9 maggio del 2018 riverso nel fiume Durance, nella valle di Briançon. È morta nel tentativo di attraversare la frontiera e raggiungere la Francia nella speranza di un futuro migliore. Sul caso di Blessing Matthew è stata aperta un’indagine, che si è conclusa senza che siano state accertate le circostanze del decesso né le eventuali responsabilità. Ma chi viaggiava con la ragazza chiama in causa la polizia e la militarizzazione della frontiera. Per questo oggi la famiglia di Blessing, insieme all’associazione Tous Migrants, che opera al confine tra Italia e Francia per la tutela dei diritti dei migranti, chiede verità e giustizia. In particolare, gli attivisti hanno rintracciato il suo compagno di viaggio, Hervé S., mai ascoltato prima. Le sua testimonianze e le ricostruzioni sono contenute in un’inchiesta, che viene resa nota oggi sul sito Borders Forensics, diretto da Lorenzo Pezzani e Charles Heller. All’inchiesta hanno lavorato un gruppo di ricercatori e ricercatrici che hanno condiviso i risultati con l’associazione Tous Migrants, l’avvocato Vincent Brengarth e la sorella di Blessing, Christiana Obie. Ora chiedono la riapertura del caso giudiziario alla luce dei nuovi elementi raccolti.
Blessing Matthew è stata vista l’ultima volta il 7 maggio quando la gendarmeria ha cercato di arrestare lei ed Hervé S., a La Vachette, a 15 chilometri dal confine franco-italiano. “A noi migranti danno la caccia come agli animali” sottolinea Hervé, che ora è uno dei testimoni chiave: “Quando ci siamo incontrati mi ha dato l’impressione di una ragazza felice. Non era preoccupata. Eravamo tutti convinti di arrivare in Francia” afferma. Poi però l’incontro con la gendarmeria sulle Alpi ha fatto precipitare gli eventi: “Blessing ha iniziato a correre, un militare la inseguiva gridando: “Stop, stop!”. Lei gridava: “Lasciami, lasciami, lasciami”. E poi, Blessing è caduta… caduta nell’acqua”. A questo punto, secondo le ricostruzioni, nessuno ha prestato soccorso alla ragazza che è stata poi ritrovata morta, nelle griglie della diga del fiume, a 15 km da dove è caduta. Anche su questa omissione di soccorso gli attivisti chiedono di fare chiarezza.
Quello di Blessing Matthew non è un caso isolato. Sono almeno 87 le persone identificate come vittime dal 2015 a oggi nel tentativo di attraversare le Alpi, 47 solo sulla frontiera franco-italiana, spiega Cristina Del Biaggio, ricercatrice presso il laboratorio Pacte e l’Université Grenoble Alpes: “La morte di Blessing ha toccato molto la comunità, perché prima del decesso le persone hanno protestato per quello che stava succedendo: la militarizzazione di quella frontiera era un chiaro pericolo”. Sotto la lente degli attivisti non ci sono, infatti, le responsabilità dei singoli ma l’intero sistema dei controlli di frontiera eseguiti dalle forze dell’ordine e dalle guardie di confine. In particolare, aggiunge la ricercatrice, nei giorni in cui Blessing è morta il clima nei villaggi frontalieri era teso per l’arrivo di Generazione identitaria, l’associazione di estrema destra che aveva organizzato una manifestazione. “Il ministro degli Interni francese aveva deciso di rafforzare la presenza con uno squadrone di gendarmi – afferma Del Biaggio – Sono loro che hanno cercato di arrestare Blessing e i suoi compagni di viaggio, passato il confine a Clavière. Quello che abbiamo fatto noi è cercare di ricostruire gli eventi con un testimone oculare, Hervé, che non è mai stato sentito durante l’inchiesta giudiziaria. Questo nuovo elemento ci consente di chiedere la riapertura del caso”. L’inchiesta degli attivisti è corredata da mappe cartografiche e ricostruzioni in 3D che consentono di ricostruire passo passo quanto accaduto la mattina del 7 maggio. E che mettono in discussione anche la versione fornita dai gendarmi intervenuti.
La morte di Blessing è oggi ancora un ricordo vivo nella comunità alpina. La ragazza era partita nel 2016 dalla Nigeria per arrivare in Italia, dove viveva già la sorella maggiore, Christiana. A compiere il viaggio insieme a lei la sorella Happy, che però dopo la traversata del Mediterraneo è stata arrestata dalla Guardia Costiera e riportata prima in Libia, poi in Nigeria. Durante il suo soggiorno in Italia, Blessing è stata ospitata in un centro di accoglienza per richiedenti asilo a Torino, fino all’inizio di maggio 2018, quando ha deciso di partire per la Francia. La sera del 6 maggio Blessing chiamò per l’ultima volta la sorella Happy, da poco sbarcata di nuovo in Italia, per informarla che intendeva attraversare il confine a piedi, non avendo ancora documenti né lavoro in Italia. “Sappiamo che prima di morire Blessing ha gridato aiuto, ma nessuno l’ha aiutata – afferma oggi la sorella -. È stata lasciata morire, per questo continueremo a batterci per avere giustizia”.
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