Un nero ucciso da un poliziotto. Le manifestazioni a seguire. Una storia impossibile da ignorare. Ma cosa fare quando si spengono i riflettori sulle proteste, mentre il razzismo è ancora lì?
L’Università del Missouri ha creato uno strumento per aiutare i giornalisti nel raccontare il razzismo, fenomeno col quale la società statunitense si trova a fare i conti ogni giorno, ma che cattura l’attenzione dei media solo sporadicamente e in determinate circostanze.
“Reporting hidden stories” è il nome del portale che offre dati e risorse utili, per facilitare e promuovere il lavoro delle redazioni e dei giornalisti che vogliono affrontare il tema in modo diverso, slegandosi dalle notizie di cronaca, con l’obiettivo di offrire prospettive e spunti di riflessione nuovi. “Dobbiamo cambiare il modo in cui i reporter trattano il sistema e i presupposti culturali che perpetuano una divisione razziale e la diseguaglianza”, scrive la scuola di giornalismo dell’ateneo. E per farlo è importante far emergere quelle “storie nascoste” alle quali allude il nome del progetto. Storie che in realtà sono spesso sotto agli occhi di tutti e aspettano solo di essere raccontate.
Il sito affianca al razzismo una seconda e delicata questione: la fame.
Diversità in redazione, dati e fonti, temi rilevanti, linguaggio e definizioni: la piattaforma, con le numerose risorse utili offerte, rappresenta senza dubbio una buona pratica da prendere ad esempio.
Se da un lato, in giorni in cui della questione razziale negli Stati Uniti si parla anche in Europa, i giornalisti italiani potranno trovarlo utile nella ricerca di informazioni, dall’altro il portale dovrebbe soprattutto ispirare una simile riflessione anche qui.
Il razzismo e i crimini a sfondo razziale riescono a fatica, con alcune importanti eccezioni, a trovare spazio nei mainstream media italiani: è solo quando si verificano queste eccezioni che il tema è affrontato in modo più esaustivo, per poi essere dimenticato subito dopo. Ma come negli Stati Uniti, il razzismo non scompare una volta che l’attenzione dei media passa altrove.
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