Mediazione linguistica e culturale insufficiente, strutture fatiscenti, condizioni generali inadeguate rispetto a quanto prescritto dalle norme nazionali e internazionali. Queste le caratteristiche dei CIE rilevate dal secondo rapporto della Commissione Diritti umani del Senato.
Rilevanti carenze strutturali e modalità di esecuzione del trattenimento inadeguate rispetto alla tutela della dignità e dei diritti degli interessati. È quanto ha potuto osservare la Commissione Diritti umani del Senato grazie alle visite e alle ispezioni effettuate presso alcuni dei Centri d’identificazione ed espulsione italiani (Bari, Gradisca d’Isonzo – ormai chiuso, Torino, Trapani) raccogliendo dati e storie in un secondo rapporto che torna a mettere in evidenza le criticità di questo sistema.
Centocinquanta pagine che si concludo con la richiesta della Commissione al Governo di “intervenire a breve termine attraverso l’attuazione di misure minime in grado di assicurare alle persone sottoposte al trattenimento il rispetto delle garanzie previste dalle norme nazionali e internazionali” e con la proposta di avviare una serie di interventi per regolare la procedura di trattenimento, identificazione ed espulsione allo scopo di renderla una misura eccezionale.
I NUMERI E I TEMPI. “[…] Nel 2013 sono stati 6.016 (5.431 uomini e 585 donne) i migranti trattenuti in tutti i Centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia; meno della metà di essi (2.749) è stata però effettivamente rimpatriata. Nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i Cie e di questi solo la metà (4.015) sono stati rimpatriati. Il prolungamento del trattenimento dai trenta giorni del 1998 ai diciotto mesi del 2011 non pare abbia migliorato il tasso di espulsioni: rispetto al 2010, il rapporto tra i migranti rimpatriati e il totale dei trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione, nel 2012 è cresciuto di appena il 2,3%; mentre nel 2011 l’incremento del tasso di efficacia nei rimpatri è risultato addirittura irrilevante (+0,3%).
Un altro dato va messo in relazione ai tempi di trattenimento: in base a quanto dichiarato dal personale degli uffici immigrazione delle questure con cui la Commissione è entrata in contatto, in media sono sufficienti 45 giorni per identificare un trattenuto. Se non si sono espresse in questo lasso di tempo, le autorità consolari di solito non svolgono ulteriori indagini e non danno risposta. Alla luce di questa prassi generalizzata e riconosciuta come tale dagli uffici di immigrazione, il prolungarsi del trattenimento risulta inutile. In tutti quei casi, il trattenuto attende per mesi una risposta che non arriverà per poi essere rilasciato con un decreto di espulsione, dopo aver trascorso sostanzialmente recluso un tempo indefinito, senza alcuna giustificazione […]”.
I TRATTENUTI. “[…] La forte eterogeneità e promiscuità delle persone presenti all’interno dei centri di identificazione ed espulsione provoca situazioni di tensione altissima: vi si trovano, ad esempio, persone che hanno a lungo risieduto legalmente in Italia e che non avendo più rinnovato il permesso di soggiorno per le ragioni più diverse, sono diventate irregolari (cosiddetti overstayer), ex-detenuti che, scontata la pena, sono stati poi trasferiti nei Cie in attesa di identificazione o di rimpatrio e richiedenti asilo che hanno potuto formalizzare la propria domanda solo dopo avere ricevuto un provvedimento di respingimento ed espulsione.
[…] All’interno dei centri di identificazione e di espulsione sono trattenute le donne e gli uomini sprovvisti di un valido titolo di soggiorno in Italia. Nello specifico: persone adulte; persone che non hanno mai avuto un documento regolare per la permanenza in Italia; persone che erano in possesso di un documento regolare e non sono riuscite a rinnovarlo; persone nate in Italia o giunte minorenni, che a diciotto anni non hanno potuto rinnovare il documento per la raggiunta maggiore età; apolidi che non hanno fatto la richiesta perché gli sia riconosciuto quello status; richiedenti asilo che non hanno presentato la domanda al momento dell’arrivo in Italia; ex-detenuti.
[…] Il fenomeno davvero grave riscontrato nei centri riguarda i trattenuti nati e cresciuti in Italia. Qui si possono distinguere due situazioni. La prima riguarda chi ha sempre avuto un permesso di soggiorno e al compimento dei diciotto anni non è riuscito a rinnovarlo trovandosi così in una situazione di irregolarità. La seconda comprende chi è nato in Italia ma non è mai stato regolare. Il passaggio alla maggiore età è un momento critico perché il permesso di soggiorno deve essere legato alla frequentazione di un corso di studi oppure alla firma di un contratto di lavoro. Ma non è detto che queste due condizioni ci siano. Non è raro il caso di chi, nonostante sia in Italia da molti anni e qui abbia portato avanti un percorso di formazione e di vita, rischi di essere rimpatriato”.
LE CONDIZIONI. All’interno dei centri la Commissione ha trovato “persone che, in presenza di un titolo di trattenimento amministrativo volto all’identificazione, all’espulsione o al rimpatrio, sono state private della libertà per prolungati periodi di tempo, impossibilitate a svolgere alcun tipo di attività ricreativa o formativa, in condizioni di vita precarie da un punto di vista materiale e umano. Il trascorrere di un ‘tempo vuoto’ all’interno dei centri è una delle più forti criticità registrate. La fatiscenza degli alloggi, la carenza di spazi e di attività ricreative, l’insufficienza dei servizi di mediazione culturale e legale, la scarsa chiarezza nel comunicare ai trattenuti il regolamento interno del centro sono elementi riscontrati in tutte le strutture visitate, con poche eccezioni”.
I COSTI. “Nel corso dell’audizione del 3 luglio 2013, Grazia Naletto, presidente dell’associazione Lunaria, ha illustrato i risultati di una ricerca dal titolo ‘Costi disumani. La spesa pubblica per il contrasto dell’immigrazione irregolare’. […] Dal 2005 al 2011 lo Stato ha impegnato in media 143,8 milioni di euro l’anno per allestire, gestire, mantenere e ristrutturare i centri nel loro insieme. Dai dati ricavati dagli avvisi pubblici per l’affidamento della gestione dei Cie in base al capitolato unico d’appalto di gara (novembre 2008), si stimano per i soli costi di funzionamento di queste strutture almeno 25,1 milioni di euro l’anno; mentre per la sorveglianza e le operazioni di esecuzione dei rimpatri coatti il costo medio annuale è stimato intorno ai 30 milioni di euro. A questi costi vanno aggiunti quelli relativi al personale delle forze dell’ordine impiegato nelle operazioni di sorveglianza e rimpatrio. A fronte della spesa minima di 55 milioni di euro l’anno relativa ai Cie, i risultati ottenuti in termini di rimpatri effettivi sono stati modesti e lontani dalle aspettative: tra il 1998 e il 2012 su su 169.126 persone transitate nei centri, sono state 78.081 (il 46,2 per cento del totale) quelle effettivamente rimpatriate. Inoltre, nel dicembre 2011 sono stati tagliati i costi di funzionamento dei Cie, imponendo una spesa pro capite/pro die pari a 30 euro più IVA, molto bassa e insufficiente a garantire la qualità minima dei servizi e il rispetto delle condizioni minime di tutela della dignità delle persone trattenute”.
ASSISTENZA MEDICA. “Per quanto riguarda gli aspetti sanitari, il 3 luglio 2013 è intervenuto in Commissione Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medici per i diritti umani (MEDU) che ha illustrato i risultati dell’indagine Arcipelago CIE. […] È emerso che le strutture di detenzione amministrativa sono inadeguate da un punto di vista strutturale e funzionale e che, oltre all’alto costo umano, l’insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture non appare commisurato ai modesti risultati conseguiti nell’effettivo contrasto dell’immigrazione irregolare. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria dei trattenuti, Barbieri ha ribadito la difficoltà di rapporti del trattenuto col medico, percepito come custode, e la conseguente mancanza di fiducia da parte del paziente. Spesso le cartelle cliniche di persone trasferite da altri centri non vengono acquisite dai nuovi. Inoltre è emersa un’eccessiva discrezionalità nel rilascio dei trattenuti per motivi sanitari. Sono numerosissimi e frequenti gli episodi di autolesionismo così come è elevato il numero di persone che assumono psicofarmaci, senza avere una adeguata assistenza psichiatrica”.
Per il rapporto completo consultare: Rapporto CIE Comm. DD.UU.
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