A seguito dei fatti di Parigi numerose segnalazioni ci sono arrivate da colleghi e utenti: sono diversi i casi di testate che hanno alluso, in maniera più o meno diretta ai possibili legami non verificati di gruppi di persone o singoli individui (talvolta pubblicando nomi e foto) col terrorismo di matrice islamica, senza affiancare alle tesi sostenute alcuna prova. Legami che in alcuni casi si sono rivelati inesistenti.
Trova nuovo spazio la strumentalizzazione del termine “clandestino”, spesso associata all’aggettivo “musulmano”: il richiedente asilo, il rifugiato durante le ultime settimane è stato a volte trasformato in “clandestino musulmano” e associato, senza alcun fondamento, al terrorismo jihadista.
Replica a questo atteggiamento Il Manifesto in una riflessione su “media e confusioni volute” pubblicata oggi in «Clandestini, musulmani, quindi terroristi?».
«[…] Peccato che i “clandestini musulmani” di cui si parla – scrive Liana Vita, giornalista autrice del pezzo – sarebbero alcuni delle migliaia di profughi siriani arrivati in Italia nel corso degli ultimi mesi dopo aver attraversato il Mediterraneo rischiando la vita sui barconi partiti dalla Libia o dall’Egitto.
[…] Profughi, dunque, richiedenti asilo, potenziali rifugiati. E probabilmente, se a qualcuno l’informazione risultasse preziosa, musulmani, è vero. Come è vero che nei mesi scorsi, molti di quei profughi siriani, la maggior parte, una volta sbarcati in Sicilia, hanno cercato di lasciare il nostro paese e raggiungere il Nord Europa rifiutandosi di farsi fotosegnalare e prendere le impronte digitali,, spinti non dal desiderio di sfuggire alle polizie antiterrorismo di tutta Europa, ma dalla sola speranza di aggirare il regolamento di Dublino III […]»
Richiamiamo i colleghi a una maggiore attenzione e responsabilità affinché si faccia uso di una terminologia corretta e appropriata e si evitino facili strumentalizzazioni alle quali raramente corrisponde un’informazione accurata e basata su fatti e dati reali.
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