Controparola, diritto e tecnologia sono i tre ingredienti da combinare per contenere l’hate speech, spiega Giovanni Ziccardi, docente presso l’Università di Milano, autore del libro “L’ odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete”. La controparola, tuttavia, secondo l’esperto non sempre è efficace ed è, soprattutto, uno strumento complesso.
Come sfruttare, allora, le potenzialità della controparola al meglio? Trovare la giusta modalità per rispondere ai predicatori d’odio è tutt’altro che semplice. Fornisce dei consigli utili in questa direzione la guida realizzata dal Media Diversity Institute “Stopping Hate – How to counter hate speech on Twitter?”.
Il punto di partenza secondo il Media Diversity Institute è avere chiaro il proprio obiettivo: voler supportare la comunità colpita o tentare di limitare gli effetti del discorso d’odio attraverso la diffusione di dati e informazioni utili per gli altri utenti coinvolti sono, per esempio, obiettivi diversi che richiedono strategie diverse.
Numerose le indicazioni: non diffondere a propria volta stereotipi e intolleranza; agire in fretta – il tempismo è essenziale per evitare di riportare in vista un commento già dimenticato o passato inosservato; non farsi megafono dei predicatori d’odio – quando si tratta di utenti con poco seguito dare loro attenzione può essere controproducente; cercare di coinvolgere personaggi di pubblico rilievo, inserendoli nella conversazione; usare gli hashtag per dar visibilità ai contenuti e far sentire il proprio sostegno a chi è colpito dall’hate speech – ricorrendo agli hashtag già esistenti quando efficaci o inventandone di nuovi per rimpiazzare quelli offensivi o violenti.
Costruire con cura il messaggio che si vuole trasmettere è fondamentale: pensare bene alle parole e al tono da usare è il primo passo. Sempre da evitare gli attacchi personali all’autore dei discorsi d’odio, che come più probabile conseguenza hanno quella di scaldare ancor di più la situazione. Civiltà, rispetto e educazione sono indispensabili per preparare un terreno costruttivo che inviti altri a intervenire. L’umorismo, se usato con intelligenza, può essere utile, ma attenzione all’ironia e al sarcasmo: possono far apparire l’autore del contenuto come un “antagonista”.
Se il vostro obiettivo è quello di contrastare l’hate speech in modo sistematico dovreste pensare a una strategia efficace sul lungo periodo, costruendo una propria narrativa: postando costantemente nel tempo, preparandosi a essere coinvolti in discussioni (facendo attenzione a non dar spago ai troll), raccogliendo strumenti utili (link a dati ecc.), approfondendo le proprie conoscenze sul tema sul quale si interviene. Grafici e video, quando disponibili, sono molto utili.
Prima di intraprendere questo percorso, il Media Diversity Institute ricorda che occorre valutare le conseguenze: contrastare l’hate speech può farti diventare il target dei discorsi d’odio. Se a volte rispondere con gentilezza e fermezza per tagliare i ponti con il troll è sufficiente, in altri casi si può diventare l’obiettivo di una campagna d’odio più estesa. È preferibile, allora, non essere soli: “È sempre meglio attivarsi nel contrasto all’hate speech attraverso comunità o organizzazioni dove trovare il supporto di altri“, si legge nella guida. Come non bisogna dimenticare di ricorrere alle segnalazioni e agli strumenti messi a disposizione da Twitter (come bloccare o togliere la voce a un utente).
Infine non scoraggiatevi, soprattutto se il vostro obiettivo è quello di modificare la prospettiva degli utenti: difficilmente potrete far cambiare idea al predicatore d’odio, o a chi ha deciso – a priori – di pensarla in un determinato modo, ma tutti coloro che lasciano, invece, una porta aperta al dubbio potranno trovare nei contenuti da voi diffusi uno strumento utile per farsi un’opinione più consapevole.
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