Il governo britannico avrebbe colto il recente incremento nelle traversate marittime verso la Gran Bretagna come un’opportunità per tentare di dissuadere i richiedenti asilo attraverso una serie di misure che finiscono letteralmente per sfinirli, sia fisicamente che mentalmente.
Fanno zero gradi a Calais e le piogge persistenti stanno distruggendo i ripari temporanei che si sono costruiti i migranti di passaggio. Cinque uomini iraniani parlano della loro situazione e dei recenti tentativi di raggiungere la Gran Bretagna attraverso la rotta marittima.
«Ci piacerebbe molto andare in Inghilterra, raggiungere le nostre famiglie per poter costruire di nuovo le nostre vite», dicono. «Chiediamo al governo britannico di visitare Calais, di pensare a noi rifugiati e di salvarci da qui».
Con la consapevolezza che la vita nei boschi di Calais e Dunkerque diventerà sempre più insopportabile con l’arrivo di temperature sotto lo zero e che ogni tipo di insediamento informale che emerge nella Francia settentrionale verrà demolito, è sempre più diffusa la disperazione tra gli sfollati, disposti a qualunque cosa pur di attraversare la Manica.
Le reti dei trafficanti offrono una via d’uscita da questa situazione; sia sul retro di un camion o, per chi se lo può permettere, su un gommone o una nave da pesca attraverso la Manica.
Tuttavia, piuttosto che riconoscere che l’aumento del numero di imbarcazioni è sintomo della disperazione e delle condizioni insostenibili per gli sfollati in Francia, il Segretario di Stato per gli Affari Interni britannico Sajid Javid è rimasto fedele a una linea politica dura che tende a incolpare i richiedenti asilo di non aver presentato domanda nel “primo paese sicuro” raggiunto, in questo caso la Francia. Inoltre, la Gran Bretagna ha preso un accordo per restituire i richiedenti asilo alla Francia in cambio di un sostegno economico dal valore di 6 milioni di sterline. Così facendo, la Gran Bretagna interferisce di fatto con il processo di asilo ed esprime un giudizio anticipato in merito alla richiesta di una persona, in violazione della Convenzione sui rifugiati del 1951.
Questo approccio, qui chiamato “politica dello sfinimento”, non solo vìola il diritto internazionale, ma finisce anche per alimentare narrazioni populiste e demonizzanti nei confronti di migranti e richiedenti asilo.
La politica dello sfinimento consiste in dispersioni e respingimenti, detenzioni arbitrarie e ricollocamenti, sfratti e demolizioni, il blocco degli aiuti umanitari, dei servizi igienico-sanitari e dell’assistenza sanitaria, e la criminalizzazione della solidarietà. Tutto questo già avviene da tempo nella sfera domestica, ma la sua estensione transfrontaliera ha contribuito a sdoganare l’uso della forza in quella che si potrebbe considerare la “zona di confine” britannica, che si estende da Calais e Dunkerque nel nord della Francia, fino alle capitali di Parigi e Bruxelles, se non oltre.
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*Traduzione e rielaborazione testo di Sabika Shah Povia
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