La crisi Covid finora ha colpito soprattutto i lavoratori precari e le filiere caratterizzate da ampio utilizzo di lavoro stagionale (es. turismo, agricoltura). Per questo, gli stranieri hanno subito una perdita del tasso di occupazione (-3,7 punti) molto più forte rispetto a quella degli Italiani (-0,6 punti). Nonostante questo, gli stranieri producono il 9% del PIL e risultano determinanti in molti settori. Questi alcuni degli elementi chiave del Rapporto annuale 2021 sull’economia dell’Immigrazione a cura della Fondazione Leone Moressa, presentato alla Camera dei Deputati
A cura di Fondazione Leone Moressa
Stranieri stabili, ma natalità in calo. Dopo i forti aumenti dei primi anni 2000, la popolazione straniera in Italia è sostanzialmente stabile dal 2014. Oggi gli stranieri residenti sono 5 milioni, l’8,5% della popolazione (e superano il 10% in molte Regioni). Tuttavia, da 10 anni cala la natalità e nel 2020 è aumentata la mortalità (effetto Covid). Il saldo migratorio (differenza arrivi-partenze) è ancora positivo, ma a livelli più bassi che in passato.
Crollo degli ingressi per lavoro. Se fino al 2010 si registravano più di 500 mila nuovi Permessi di soggiorno ogni anno, negli ultimi anni si è registrato un calo drastico. E nel 2020 si è toccato il picco minimo, con (solo) 106 mila Permessi. Di questi, la maggior parte è per motivi familiari (58,9%), mentre quelli per lavoro sono appena 10 mila (meno del 10% del totale).
Lavoratori stranieri più colpiti dall’emergenza Covid. Gli occupati stranieri in Italia nel 2020 sono 2,35 milioni, in calo (-6,4%) rispetto al 2019 (per gli Italiani la variazione è stata -1,4%). Tra i 456 mila posti di lavoro persi nel 2020, un terzo riguarda lavoratori stranieri, in prevalenza donne. Per la prima volta, quindi, il tasso di occupazione degli stranieri (57,3%) scende al di sotto di quello degli italiani (58,2%). A livello territoriale, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito maggiormente nel Nord Ovest (-5,3 punti) e nelle Isole (-7,0 punti). Al Nord Est, invece, si è registrata la più alta diminuzione nel tasso degli italiani (-1,3 punti).
L’imprenditoria immigrata non conosce crisi. La crisi Covid non ha fermato l’espansione di imprese a conduzione immigrata. Nel 2020 gli imprenditori nati all’estero sono 740 mila, pari al 9,8% del totale e in aumento rispetto al 2019 (+2,3%). Rispetto al 2011, i nati all’estero sono aumentati del 29,3%, mentre i nati in Italia hanno registrato un -8,6%. Le nazionalità più numerose sono Cina, Romania, Marocco e Albania, ma la crescita più significativa si registra tra i nati in Bangladesh, Pakistan e Nigeria. L’incidenza maggiore si registra nell’edilizia (16,0% degli imprenditori del settore).
Impatto fiscale: più benefici che costi. I contribuenti stranieri in Italia sono 2,3 milioni e nel 2020 hanno dichiarato redditi per 30,3 miliardi e versato Irpef per 4,0 miliardi. Sommando le altre voci di entrata per le casse pubbliche (Irpef, IVA, imposte locali, contributi previdenziali e sociali, ecc.), si ottiene un valore di 28,1 miliardi. Dall’altro lato, si stima un impatto per la spesa pubblica per 27,5 miliardi. Il saldo, dunque, è positivo (+600 milioni). Gli stranieri sono giovani e incidono poco su pensioni e sanità, principali voci della Spesa Pubblica. Ma i lavori poco qualificati e la poca mobilità sociale possono portare nel lungo periodo ad un peggioramento della situazione.