A cura della Rete Nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio
Oggi, 13 luglio 2021, il ddl Zan arriva in aula al Senato, dove verrà finalmente discusso e votato.
Dopo diciassette anni di tentativi andati a vuoto, e dopo che due proposte di legge contro l’omofobia sono state sottratte al dibattito parlamentare durante la XVI legislatura – nel 2009 e nel 2013 – ci auguriamo che anche l’Italia possa finalmente accogliere le raccomandazioni delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa e dotarsi di strumenti e di strategie adeguate sia alla promozione di una cultura del diritto a tutela di tutte le persone e al sostegno delle vittime di discriminazioni, come espressamente richiesto dalla Direttiva vittime dell’Unione Europea nel 2012, che alla prevenzione dei crimini d’odio come risposta ferma e duratura a linguaggi e prassi discriminatorie.
La discussione giunge in Senato dopo mesi di rinvii e dibattiti viziati da argomenti fantoccio e da polemiche spesso pretestuose, per distrarre l’opinione pubblica con parole e temi che con ddl Zan poco o nulla hanno a che fare.
Fin dal titolo il ddl è chiaro sulle sue finalità: “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Il testo del ddl propone di modificare il contenuto degli artt. 604 bis e 604 ter del codice penale, rubricati come delitti contro l’uguaglianza, per aggiungere alle fattispecie già provviste di tutela (‘razziali’, etniche, nazionali o religiose) quelle relative al sesso, genere, orientamento di genere, identità di genere e disabilità.
Il ddl Zan non aggiunge nuovi articoli di legge nel procedimento penale per punire i crimini d’odio, ma estende tutele già previste dall’ordinamento. Il testo propone, inoltre, di modificare l’articolo 90 quater del codice penale, relativo alle condizioni di particolare vulnerabilità: le vittime di un reato di discriminazione o di violenza per motivi legati ai fattori protetti potrebbero così godere di particolari tutele durante il processo.
Il ddl Zan intende contrastare atti discriminatori e violenti, non introdurre censure o imprecisate (e inesistenti) ‘ideologie’. Riguarda l’istigazione: viene punita la parola se e quando istiga a commettere atti violenti. La libertà d’espressione non è in alcun modo messa in pericolo e continua ad essere garantita dall’art. 21 della Costituzione – lo ricorda anche l’art. 4 del ddl, per non lasciar spazio a dubbi di sorta – così come dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti Umani (CEDU), vincolante per gli Stati che l’hanno sottoscritta. Peraltro, come sottolineato dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo, i discorsi d’odio nei confronti delle persone omosessuali non rientrano nella libertà di espressione protetta dalla Convenzione (cfr. la sentenza Lillendahl contro Islanda del 2020), e il diritto alla libertà di espressione non è indefinito né giustifica la discriminazione nei confronti di persone o di gruppi di persone, ossia la negazione dei diritti altrui.
Con l’approvazione del ddl Zan anche in Senato, il Parlamento potrebbe finalmente rimediare a un grave ritardo del nostro paese in fatto di protezione di diritti umani e discriminazioni.
Proprio per rafforzare una cultura dell’eguaglianza e del contrasto alle discriminazioni, l’art. 7 del ddl chiede l’istituzione di una “giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”, chiedendo alle scuole e alle amministrazioni pubbliche di promuovere “la cultura del rispetto e dell’inclusione” nonché di “contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere“. Lo stesso art. 7 propone di elaborare una strategia per la prevenzione e il contrasto alle discriminazioni legate al sesso, al genere, all’identità di genere “nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, e volta a individuare specifici interventi per prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”. Il testo del ddl non impone, quindi, nulla: propone invece una strategia di prevenzione coordinata e concordata dai diversi attori impegnati nel contrasto alle discriminazioni sul territorio nazionale, di cui c’è assolutamente bisogno.
Persone trans, omosessuali, donne, e persone con disabilità non sono ancora adeguatamente protette dall’ordinamento esistente, come dimostrano le notizie di cronaca dei quotidiani attacchi di cui sono vittime, che spesso restano impuniti anche per il mancato adeguamento dei nostri codici ai reati di incitamento all’odio e alla violenza.
Laddove i diritti fondamentali delle persone sono in gioco, la risposta dello Stato deve essere chiara, le sue leggi adeguate, le sue strategie di prevenzione di abusi e discriminazioni efficaci e condivise. Come ricordano diverse sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani (ad esempio, M.C. e A.C. contro Romania , 2016) ulteriori tentennamenti renderebbero le istituzioni compartecipi di reato e incapaci di riaffermare la cultura del diritto e il rispetto del dettato Costituzionale.
Per questo ci auspichiamo che la discussione in aula al Senato – come è già avvenuto alla Camera – conduca all’approvazione del ddl Zan senza ulteriori indugi e senza ulteriori compromessi.