«I media e, in particolare, le emittenti pubbliche, devono promuovere la consapevolezza sugli eventi drammatici che ogni giorno si verificano alle porte dell’Europa. Il ritratto che viene offerto di questo fenomeno (l’immigrazione, ndr) influenza l’opinione pubblica, sia nei paesi di origine che in quelli di transito e destinazione. I media devono essere oggettivi nella scelta delle immagini, delle parole e delle fonti, per evitare il ricorso a pregiudizi e stereotipi e garantire il pluralismo e la diversità d’opinione».
È questo il messaggio che il Copeam, la Conferenza permanente dell’audiovisivo mediterraneo, invia ai media pubblici con la risoluzione di Malta. In duecento rappresentanti del settore audiovisivo della regione mediterranea hanno preso parte all’incontro avvenuto a La Valletta, il ventiduesimo nella storia di questo organismo.
Al centro della riflessione e del dibattito, la necessità di migliorare il modo in cui i media raccontano le migrazioni forzate: «L’idea fondamentale è che sull’immigrazione bisogna dire la verità, tutta la verità e non fare peccato di omissione. Non ci si può occupare solo di sicurezza e terrorismo e non parlare dei problemi umani ed economici che ci sono dietro a queste storie. In questo senso è essenziale fare cooperazione e non solo parlarne, tra le emittenti pubbliche. Con il presupposto della conoscenza comune, perché se non ci conosciamo non possiamo cooperare», ha affermato il segretario generale del Copeam, Pierluigi Malesani. È stata ribadita, dunque, l’importanza delle emittenti pubbliche che «per definizione si occupano della gente, dei loro bisogni», ha ricordato Talal el Makdessi, presidente Copeam: «E se non lo fanno loro, chi lo farà, le tv commerciali?».
Tra i partecipanti alla conferenza, anche quei paesi nei quali l’immigrazione ha origine, con i quali è fondamentale cooperare per poter parlare di migrazioni senza cadere nel rischio di una visione unilaterale. Le emittenti egiziane e algerine, per esempio, hanno spiegato alla platea il loro impegno nel mostrare al pubblico cosa accade durante le traversate in mare, per ridurre il numero di persone che rischiano la vita in questo modo.
Paola Parri, coordinatrice del Copeam, ha risposto alcune domande dell’Associazione Carta di Roma sul ruolo del servizio pubblico audiovisivo e sul valore della formazione professionale.
Quali sono gli “errori” e le mancanze principali delle televisioni pubbliche, che hanno spinto a questa risoluzione? Ritiene che esse, in quanto rappresentati del “servizio pubblico”, dovrebbero saper rappresentare un modello per i media privati e per l’audience?
«L’intento della risoluzione sottoscritta dai soci della COPEAM in occasione dell’assemblea generale del 28 marzo è quello di richiamare l’attenzione delle televisioni pubbliche sulla necessità di dare un’informazione non solo corretta, ma completa, nel trattare temi sensibili quali l’immigrazione; un’informazione che vada oltre la cronaca o la notizia “urgente” di eventi drammatici e che non sia ridotta unicamente alla fornitura di cifre statistiche o, nel peggiore dei casi, di numeri di vittime riconducibili a questo fenomeno.
Nella missione di servizio pubblico che è propria di queste emittenti è compreso certamente l’obbligo di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso una rappresentazione obiettiva dei fatti, una scelta oculata delle fonti e un’accurata selezione di immagini e di linguaggi appropriati. Tutti i media pubblici, non solo le televisioni, in quanto vettori di conoscenza e di coesione sociale, devono costituire un modello di riferimento, soprattutto per quanto riguarda la loro responsabilità in favore del dialogo fra le civiltà e del rispetto della dignità umana, e nel contrasto ad ogni forma di xenofobia e di odio fra i popoli».
La sottoscrizione ufficiale da parte delle emittenti pubbliche di un documento come la Carta di Roma potrebbe rappresentare un primo passo in questa direzione?
«A Malta è stato iniziato un dibattito che ha coinvolto rappresentanti del settore audiovisivo pubblico e personalità istituzionali provenienti dall’Unhcr, dal Servizio europeo per l’Azione esterna dell’Ue, della Fondazione Anna Lindh. Un tale confronto può costituire una delle basi di un percorso di sensibilizzazione dei media mediterranei relativo alle questioni migratorie e ai criteri deontologici legati al loro trattamento. La sottoscrizione unanime della risoluzione finale di Malta – i cui intenti e obiettivi non si discostano da quelli della Carta di Roma – testimonia dell’interesse e dell’impegno, da parti degli stessi, in questa direzione».
Puntare sulla formazione dei giornalisti è tra i punti della risoluzione. Rendere obbligatorio all’interno delle redazioni delle emittenti pubbliche brevi corsi intensivi su questi temi potrebbe rappresentare uno strumento utile? Crede che una soluzione di questo tipo potrebbe essere applicabile, per esempio, all’interno del sistema italiano?
«La Copeam ha fatto della formazione una delle sue priorità di azione. La formazione continua nel settore audiovisivo e, in particolare, in quello giornalistico, è sicuramente un aspetto necessario di questa professione, che deve costantemente evolversi al passo dei cambiamenti politici, economici e sociali. La formula multilaterale adottata dalla Copeam e condivisa dagli organismi radiotelevisivi a essa associati consente la partecipazione collettiva – anche di rappresentanti RAI sia in veste di esperti che di beneficiari – a seminari di aggiornamento o di approfondimento su temi specifici, con investimenti minimi e risultati, a nostro avviso, soddisfacenti. Fra le nuove proposte formulate durante la Conferenza di Malta, è allo studio un’attività formativa sul trattamento degli stereotipi legati all’immigrazione».
Quanto è importante la cooperazione tra i media dei paesi dell’area del Mediterraneo nella promozione di un racconto completo della migrazione? Qual è la posizione espressa, in proposito, dai rappresentanti del settore audiovisivo nei paesi di origine delle migrazioni?
«La ricchezza di un network come il nostro sta nella varietà geografica e culturale degli operatori che lo compongono, nella diversità di approccio che ognuno di essi ha riguardo a questioni che toccano, direttamente o indirettamente, molti Paesi della regione, come lo è l’immigrazione.
Facilitare gli scambi professionali su scala internazionale, specialmente fra nord e sud, e promuovere il dialogo fra i responsabili dell’informazione e le organizzazioni internazionali operanti nel settore dell’immigrazione e dei rifugiati può favorire un trattamento più adeguato e approfondito di questi argomenti
Come già detto, il testo di dichiarazione finale della conferenza di Malta ha ricevuto un consenso unanime da parte degli organismi partecipanti e sarà oggetto di un’ampia diffusione presso le istituzioni dell’area mediterranea. Dei seguiti operativi verranno assicurati dalla Copeam attraverso la promozione, all’interno del proprio network, di programmi dedicati – documentari, spot e altro – da realizzare in coproduzione, che diano voce ai migranti e ai rifugiati sulle due rive del Mediterraneo».
Per il testo della risoluzione: COPEAM_Final Resolution.
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