Si chiama “U4refugees” e consentirà agli studenti o ai ricercatori rifugiati di proseguire in Italia il percorso accademico intrapreso nel paese d’origine. Il progetto dei “corridoi educativi” è stato presentato ieri dalla ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini.
L’Italia è stato il primo paese europeo ad accogliere l’iniziativa, fatto che secondo Silvia Costa, presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo, conferma «la leadership sul fronte dell’accoglienza, dell’investimento in cultura e dei progetti orientati al recupero e alla protezione dei beni culturali oggetto di attentati e distruzione». Non tutti gli altri stati membri dell’Unione sono stati a guardare: hanno espresso il loro interessamento anche Olanda, Spagna, Lussemburgo e Repubblica Ceca.
L’Unhcr ha evidenziato come a livello globale solo l’1% dei rifugiati abbia accesso all’istruzione superiore. In occasione della presentazione di “U4refugees” Carlotta Sami, portavoce di Unhcr per il sud Europa ha inoltre sottolineato che tra coloro che arrivano in Europa «il 36% dei siriani ha già avuto accesso a una formazione superiore e arrivano sulle nostre coste proprio per questo: spinti da genitori che li invitano a partire con gli zaini pieni di libri piuttosto che a imbracciare un fucile e partecipare a una guerra».
L’iniziativa si concretizzerà in Italia a partire da settembre con “X-Team“, il progetto pilota che vede protagonisti il Politecnico di Torino, le università Ca’ Foscari e Iuav di Venezia e gli istituti Siti e Corila. Saranno 50 i rifugiati coinvolti, che per otto mesi seguiranno corsi sui beni culturali tra Piemonte e Veneto. Tra loro saranno presenti in maggioranza siriani già accolti in Italia o attualmente nei campi profughi di Libano e Giordania. Il progetto sarà finanziato dagli atenei, con l’appoggio del ministero e dell’Unione europea, per un costo complessivo di 1 milione e mezzo di euro.
All’obiettivo generale di consentire ai rifugiati giunti in Europa di proseguire il loro percorso formativo e di ricerca per facilitarne l’inserimento sociale e lavorativo, il progetto italiano aggiunge un secondo scopo, più specifico: quello di formare personale che in futuro, se e quando sarà possibile far ritorno nei paesi d’origine, possa salvaguardare i beni culturali presenti.
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