Quando il bullismo arriva in rete diventa cyber e virale e le parole si trasformano strumenti per colpire e ferire. Ma la scuola può diventare scenario di confronto ed elaborazione consapevole, com’è accaduto a Milano, dove un gruppo di studenti ha prodotto un videospot nel quale racconta il fenomeno dei discorsi d’odio online a sfondo razzista.
A renderlo possibile un laboratorio di etnografia dei social media e di film making che ha coinvolto due classi dell’istituto di istruzione superiore “Claudio Varalli”, curato da Massimo Modesti insieme ad Antonio D’Ercole e Irvin Pillaca Cruzado e promosso da Ala Milano onlus.
“L’unica cura puoi essere tu”, recita il video. Modesti spiega in che modo si è arrivati a questa frase durante il laboratorio: «Si è partiti dal discorso di virale, da “virus”: la cura si riferisce questo. Durante il percorso non abbiamo pensato a soluzioni predeterminate, perché volevamo uno stile partecipato. Abbiamo prodotto un lavoro comunicativo e abbiamo lanciato un messaggio rispetto al tema dell’indifferenza. L’indifferenza è un problema, quando si tratta di attacchi d’odio. E ancor più quando questo odio è diffuso online dai politici, come rilevato dai ragazzi».
«Il cyber bullismo di matrice razzista prende categorie razziste e le applica ad una dimensione che è di natura più relazionale – prosegue Modesti – Mentre nel cyber razzismo c’è una natura intenzionale più forte».
«Si è lavorato attraverso focus group collettivi, con intere classi e sono emersi temi quali cyberbullismo, reputazione sociale, sessualità e corpo. Body shaming (ovvero la tendenza a commentare sui social network, in modo negativo, la forma fisica delle persone), revenge porn (quando vengono rivelate immagini destinate ad uso personale), reputazione sociale (che può essere danneggiata mettendo in pubblico cose che sono confidenze private): le storie che raccontano i ragazzi riguardano prevalentemente questi aspetti. Partendo da ciò, guidarli a osservare il tema del razzismo è stato un lavoro educativo, con storie che spesso riguardavano un contesto familiare, multireligioso», racconta Modesti.
Dopo aver raccolto le storie e le reazioni degli adolescenti sul tema dell’hate speech di matrice razziale e religiosa, sei studenti e studentesse, Emiljano Duro, Georgi Kepov, Hagar Elbih, Suela Qaouji, Stefania Matino, Vanessa Passamonte, hanno partecipato alla realizzazione del videospot.
La prima tappa di presentazione del lavoro è stata lo scorso 5 ottobre a Palazzo Marino a Milano. «Ora l’idea è farlo circolare anche attraverso presentazioni per le scuole. Vorremmo proseguire il lavoro, ponendoci la domanda “non resto indifferente ma cosa faccio?” Dal punto di vista di un ragazzo», aggiunge Massimo Modesti, così da poter rafforzare la consapevolezza del messaggio finale del progetto: “Pensa prima di postare e non rimanere indifferente. Perché l’unica cura al virus del cyber razzismo puoi essere tu”.
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