Da Addis Abeba a Lampedusa. Dagmawi Yimer torna a ricordare le ultime tappe del suo viaggio verso l’Europa
A Lampedusa mi hanno chiamato “sopravvissuto”. Non c’è vanto nell’averraggiunto questa sponda. Mio dovere è ricordare gli annegati. Per rispetto a loro solo un passaggio del nostro viaggio non intendo raccontare. L’ultimo. Il mare.
Dagmawi Yimer
Nelle ultime ore gli arrivi di richiedenti asilo si sono nuovamente intensificati e con essi la cronaca degli sbarchi è tornata a riempire le pagine dei quotidiani e i telegiornali.
Per ricordare, ancora una volta, che il racconto delle migrazioni forzate deve andare oltre la cronaca rilanciamo un brano di Dagmawi Yimer, pubblicato ieri da La Repubblica, in cui ripercorre alcuni momenti del viaggio che l’ha condotto in Italia.
Dagmawi Yimer, regista e documentarista etiope,
Molti giovani dai nomi come Selam (pace) o Tesfaye (mia speranza) ci hanno lasciato in un solo giorno nel Mediterraneo. I nomi che diamo ai nostri figli sono un modo di raccontare al mondo le nostre speranze, i nostri sogni, ciò in cui crediamo, di ricordare le cose e le persone verso cui nutriamo rispetto. Scegliamo per i nostri figli nomi che abbiano un significato, proprio come i nostri genitori hanno fatto per noi. Per anni questi nomi e il loro carico di carne e sangue hanno lasciato i loro luoghi di nascita per andare lontano da casa, componendo una sorta di messaggio scritto, giunto sulla soglia del mondo occidentale. Questi nomi hanno sfidato i confini e le leggi opera dell’uomo, hanno turbato e sfidato i governi africani e europei.
Dagmawi Yimer
Vi invitiamo, quindi, alla lettura di «Mediterraneo».