Di Cronache di ordinario razzismo
Il 16 agosto, Lubhaya Ram, cittadino indiano di 43 anni, prende in braccio una bambina di 5 anni che sta camminando tra le bancarelle del lungomare di Scoglitti (provincia di Ragusa). La scena si svolge sotto gli occhi di passanti e abitanti del paesino, i quali, conoscendo i “precedenti” dell’uomo (furti e stato di ubriachezza) pensano immediatamente che la voglia rapire. Poche ore dopo l’accaduto, i genitori della piccola presentano una denuncia ai Carabinieri, nella quale sostengono che l’uomo ha afferrato la bambina ed è poi scappato per un centinaio di metri, prima che il padre riuscisse a raggiungerlo ed a riprendersi la figlia (“Si è fermato solo perché noi lo abbiamo fermato” – commenta la mamma- “Mi trovavo sul lungomare, a risalire le scale. La bambina era già salita con mio marito. Un´amica mi ha fatto notare che la mia bimba era in braccio a uno straniero che la teneva molto stretta a sé, con il faccino quasi sotto la sua ascella, proprio bloccata a lui”). Così, “l’indiano”, come lo chiama la stampa locale e nazionale, viene accusato di rapimento e fermato qualche ora dopo.
Tuttavia, il Pm non ritiene di convalidare il fermo ma emette l’ordine di abbandonare l’Italia entro sette giorni (il secondo, dopo quello ricevuto per la scadenza del permesso di soggiorno, ed ignorato, nel 2015). L´uomo sostiene, nell’interrogatorio, di avere tenuto in braccio la bambina per soli 45 secondi e di aver percorso non più di 10 metri con la piccola in braccio.
La procura sottolinea come la legge non consenta un decreto di fermo per un reato che resta allo stato di “tentativo”. Tutt’al più avrebbe potuto decidere per qualche altra forma di misura cautelare, ma evidentemente non lo ha ritenuto necessario in questo caso. Questo non ha, tuttavia, frenato i commenti del popolo del web, persone comuni e rappresentanti del mondo politico, con una serie di interrogazioni parlamentari. Così, Gasparri di Forza Italia definisce il comportamento della procura di Ragusa “una vergogna” (“Prendo atto positivamente delle iniziative del ministro Orlando per accertare gli eventuali e probabilmente gravissimi errori della magistratura di Ragusa che lascia ancora a piede libero una persona che in Italia non avrebbe alcun diritto di rimanere (…) Lasciare a piede libero clandestini, presunti rapitori di bambini è veramente sconcertante. Ma che magistrati abbiano in Italia?”). Giorgia Meloni chiede con Daniela Santanchè l’intervento del ministro Orlando, il sottosegretario alla giustizia, Cosimo Maria Ferri e propone di conseguenza un aumento delle pene per quelli che definisce “ladri di bambini“. Infine il leghista Roberto Calderoli, invoca anche lui una “giustizia” punitiva nei confronti di un “clandestino” («Mi attendo che il presidente della Repubblica, vista l´immobilità del Csm e del ministro della giustizia, intervenga di persona, nella sua qualità di presidente del Csm, e faccia subito chiarezza sulla vergognosa vicenda di Vittoria, dove un immigrato clandestino, con gravi precedenti penali e con un provvedimento di espulsione a carico disatteso, è stato rimesso in libertà, vanificando in questo modo il lavoro difficile è pericoloso delle forze dell´ordine che lo avevano catturato»).
I giorni passano, la stampa scrive e “ricama” sulla vicenda, mentre Lubhaya Ram riceve diverse minacce di morte e passa i giorni che lo separano dal ritorno in patria nella caserma dei carabinieri. L’uomo poi viene trasferito nel Cie, Centro di identificazione ed espulsione, di Caltanissetta, dove entro 90 giorni verrà espulso coattivamente, dopo il nulla osta dell’autorità giudiziaria. E’ stato lui stesso a farne richiesta, preoccupato per la sua incolumità, dopo essere stato minacciato di morte da un passante che gli ha fatto cenno con la mano di staccargli la testa.
A breve, Lubhay sarà rimpatriato in India.
Con il passare dei giorni, però, anche le testimonianze sull’accaduto diventano sempre più confuse, fino ad arrivare alla descrizione di uno svolgimento dei fatti totalmente differente. Secondo le testimonianze raccolte nei giorni successivi, confermate da una rettifica dei genitori della bambina, Lubhay (ubriaco al momento dell’accaduto) avrebbe di certo preso in braccio la bambina, ma, a differenza di quanto affermato dal padre il giorno stesso dell’accaduto, il fatto si sarebbe svolto non in spiaggia ma in strada, e l’uomo non si sarebbe messo a correre, bensì sarebbe rimasto fermo in uno stato confusionale. E l’ipotesi che si fa strada, è che il gesto sarebbe derivato semplicemente dall’ubriachezza. Addirittura, dopo giorni di insulti infamanti, salta fuori anche che Lubhay, l’anno scorso, aveva contributo a salvare una persona in mare, e che i genitori della bambina non avrebbero avuto intenzione di denunciare l’accaduto, ma sarebbero stati “altri” a chiamare i carabinieri. Si ribaltano quindi le carte in tavola nel giro di meno di quindici giorni.
Ma, intanto, la vicenda viene tristemente definita da un investigatore: «Quello che credo, alla luce di come si è evoluta questa storia, è che siamo davanti a un ubriaco che ha preso in braccio una bambina e che è rimasto lì, senza scappare». E resta tanta amarezza per l’ennesimo “mostro” sbattuto in prima pagina, gli insulti razzisti, le accuse infamanti che il cosiddetto “indiano” si porterà dietro quando sarà costretto a rientrare nel suo paese.
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