Bufale 2.0 e Ong (Organizzazioni non governative), questo il tema introdotto con il cortometraggio “David Troll” prodotto da 8 Production e diretto da Antonio Costa alla dodicesima edizione del Festa del cinema di Roma, che si è aperta il 26 ottobre all’Auditorium parco della ,usica e che resterà in programmazione fino al 5 novembre. Il progetto cinematografico presentato da Amref (African Medical & Research Foundation), che lavora da anni per riportare sotto i riflettori la centralità del continente africano, nasce con l’idea di parlare di disinformazione e di informazione falsa e parziale che circola sia sui media che sul web, alimentando il circuito dell’odio razziale poiché diventa strumento privilegiato di chi vuole colpire nello specifico delle categorie di persone.
Proprio sull’attività di Amref si concentra il pensiero morboso del protagonista del cortometraggio David Troll, alter ego social di Davide Penna che cerca disperatamente l’apprezzamento del popolo della rete, ossessionato dal rincorrere scoop e verità scottanti.
«Le views sono soldi, le views sono sponsor, sono interviste» questo il mantra del protagonista che ha il volto dell’attore Paolo Briguglia. Su questi capisaldi della sua personale deontologia professionale cerca lo scoop parlando anche di Ong, con l’intento di instillare il germe di dubbio e di odio «Chi si nasconde dietro di loro? Chi ci guadagna dietro il business dell’Africa?» si chiede e chiede ai suoi followers. E per un like, una visualizzazione, una condivisione in più, facilmente si lascia andare attraverso giudizi e pregiudizi da registrare su video per diventare virali: le “sentenze” via web di David, per esempio, informano che «gli Africani proprio non vogliono darsi da fare e non danno nomi ai loro figli prima dei 5 anni, sono infatti troppi e nessuno li riconoscerebbe».
Nella vicenda e nel modo di vita isolato del protagonista che vuole dominare il web dal condominio di casa sua, entrano anche il bizzarro social media manager di David, interpretato da Lorenzo Lavia, e un padre attonito che ha il volto di Remo Girone. Un racconto che permette, dunque, anche di sorridere su uno scenario di fake news e odio in rete che rimane all’ordine del giorno.
Secondo l’Osservatorio dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) dal 2016, sono circa 2.100.000 i contenuti potenzialmente discriminatori rilevati sul web ogni anno, mentre secondo la recente indagine del Quarto libro bianco sul razzismo in Italia di Lunaria, in Italia sarebbero stati almeno 1483 i casi di discriminazione registrati tra il primo gennaio 2015 e il 31 maggio 2017. Si tratta di violenze verbali, in alcuni casi trasformate anche in fisiche, dagli esiti talvolta tragici.
Amref, con la presentazione di David Troll , festeggia i suoi 60 anni di attività alla Festa del cinema di Roma e riporta all’attualità dei dati su questo argomento. Una tematica urgente che si è sviluppata attraverso un lavoro corale, come sostiene Paolo Briguglia, che ha seguito i lavori di scrittura e produzione: «abbiamo sentito la necessità di parlarne, come gruppo di amici in primis, mentre assistevamo alle parole di chi parlava di “taxi del mare”, di chi in modo fazioso metteva insieme informazioni false per ottenere fan e visualizzazioni, inquinando il lavoro di chi come giornalista segue un codice etico. Così con Laura Catalano di 8 Production e Giuseppe Saponari che si occupa post produzione abbiamo creato il contatto con Amref e proposto il soggetto ad un giovane regista, Antonio Costa. A tutti gli effetti è un lavoro di equipe che ha sposato l’urgenza dell’argomento».
Gli haters della rete hanno, dunque, ispirato un lavoro che è nato in modo spontaneo come una esigenza «l’ispirazione – spiega Briguglia – ci è venuta guardando i video degli haters che hanno preso di mira le Ong e ci siamo interrogati su come fosse possibile odiare le organizzazioni che lavorano per portare aiuti. E’ chiaro che gli imbroglioni ci possono essere dovunque ma questo tipo di discorso ci è sembrato senza senso. E noi abbiamo voluto parlare di un personaggio che alimenta questa situazione. Si prende certamente sul serio e questo lo abbiamo fatto in modo provocatorio, chiedendoci se l’avessimo fatto in modo tale che addirittura si potesse simpatizzare con il personaggio. Ma siamo voluti, comunque, entrare nel concreto di coloro che vivono anche in modo un po’ squallido, reclusi nelle loro case e poi si sentono dei supereroi quando vedono che alzando l’asticella dell’odio in rete aumenta il livello di aggressività che circola in questo sistema». Conclude infine Brigugia: «da qui abbiamo costruito la paranoia e l’ossessione di un personaggio che, in tutto questo, si nasconde dietro il cappuccio scuro della sua felpa».
L’immagine in evidenza è tratta dal cortometraggio “David Troll”
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