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Denunciata la rete di siti che pubblicano false notizie xenofobe

«La smentita non basta più». Dopo mesi di ricerca, Bufale.net e Butac.it hanno presentato denuncia contro una rete di quattro noti siti web

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A confermare che odio e paura fossero un’ottima strategia di marketing c’era stato, ad agosto, il caso emblematico di uno studente, creatore di un blog dove pubblicava notizie inventate o distorte con protagonisti negativi migranti e rifugiati, alimentando la xenofobia. Alla polizia postale, in seguito alla denuncia avanzata da un giornalista, l’autore del sito aveva spiegato di non essere affatto mosso da una volontà politica, ma da quella di guadagnare di più grazie all’alto numero di click generati da questo tipo di post.

A confermare, invece, che non si trattasse di un caso isolato, né del peggiore, i contenuti di alcune pagine web, che forniscono quasi ogni giorno materiale sul quale lavorare ai siti “anti-bufale” come Bufale.net e Butac.it. E sono proprio loro ad aver deciso di intervenire in modo più deciso contro quella che è una vera e propria rete di siti che diffondono notizie xenofobe e omofobe, facendone un cavallo di battaglia: «Siamo passati all’azione perché la smentita non basta più – ha affermato David Alejandro Puente Anzil, ideatore di Bufale.net, nel corso di una conferenza stampa a Bologna, come riporta Il Fatto Quotidiano – Abbiamo depositato una denuncia alla Polizia di Bologna, contro una delle più grosse reti di bufale in Italia. È la prima volta che viene fatta denuncia contro un sistema così grosso e organizzato». Il sistema al quale si fa riferimento è la rete composta da Vox news.infoTutti i crimini degli immigrati.com, Identità.com e Resistenza nazionale.com, siti che fanno capo a un unico responsabile e che sistematicamente pubblicano notizie false o manipolate mettendo in cattiva luce migranti, rifugiati e altre minoranze.

La denuncia arriva dopo mesi di ricerca: avviata nel 2014, è stata consegnata il 2 ottobre 2015 alle autorità competenti. Nelle 150 pagine si ripercorrono le attività online svolte dal proprietario dei quattro siti, a partire dal 2006: «Vengono esagerate, manipolate e stravolte notizie vere, così da cambiarne completamente il significato, incrementando odio razziale, incitando alla violenza, o denigrando alcuni soggetti – prosegue l’ideatore di Bufale.net – Sono stati diffamati, ad esempio, enti di volontariato come la Croce Rossa o Medici senza frontiere, i gestori di centri d’accoglienza, prefetti, giudici, Papa Francesco o albergatori che hanno dato la loro disponibilità a ospitare profughi». Aumentare le visite virtuali e istigare l’odio nei lettori, gli obiettivi di questa strategia, che negli ultimi anni si è affermata: «Fino a qualche anno fa – racconta Michelangelo Coltelli, di Butac.it – incontravamo soprattutto notizie sciocche, come quelle su animali giganti, oppure bufale sul settore medico. Oggi, invece, le notizie false che spopolano sui social sono quasi tutte razziste o omofobe. C’è stato un picco. E questo è preoccupante. Anche perché gli under 40 utilizzano soprattutto internet per informarsi, e cadere in questi tranelli è molto facile. Basti pensare che a volte, nella corsa alle visualizzazioni, ci cascano anche giornalisti di importanti testate». Gli effetti immediati sono facilmente verificabili: basta uno sguardo ai commenti postati sotto agli articoli di questo tipo per rilevarvi innumerevoli casi di hate speech (discorsi d’odio ndr).

A supporto dell’iniziativa Bufale.net ha pubblicato una guida che «serve non solo per spiegare il perché della denuncia, ma per cercare di far capire a chi segue o meno questi siti web e i relativi canali social quali ideologie vengono portate avanti»: informazioni sull’identità dell’autore, il legame tra i quattro siti, le tecniche di disinformazione utilizzate; parte dei risultati della ricerca svolta dai siti anti-bufale sono al servizio degli utenti che vogliono approfondire il caso.

In un momento in cui l’immigrazione è un tema centrale nell’agenda politica nazionale ed europea, anche i media talvolta puntano sull’odio e la paura per catturare l’attenzione di lettori e ascoltatori. Da un lato la disinformazione, promossa attraverso la diffusione di notizie distorte o spettacolarizzate e dall’altro la tolleranza verso i promotori dei discorsi d’odio, rendono anche le testate giornalistiche responsabili dell’odio generato dai contenuti pubblicati. Abbiamo pubblicato un appello rivolto a giornalisti, lettori e ascoltatori, affinché insieme si dica basta: #nohatespeech. Aderisci anche tu alla campagna firmando qui.

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