Elisa Amoruso ha ripreso e intrecciato le storie di Sonia, Sihem, Radi, Ana, Ljuba, i loro pensieri e la loro occupazione, per presentare un ritratto delle donne straniere che lavorano in Italia
Esce oggi nelle sale italiane Strane straniere il docufilm di Elisa Amoruso che racconta le storie di cinque donne straniere che in Italia hanno trovato la propria dimensione lavorativa e personale. La regista ne delinea le origini e gli obiettivi futuri.
Da dove nasce l’idea di realizzare questo docufilm?
Il lavoro è scaturito dall’omonimo progetto antropologico di Maria Antonietta Mariani per il quale lei aveva intervistato quindici donne provenienti da paesi diversi e che, una volta in Italia, erano riuscite a metter su un’impresa di successo.
Chi sono le donne protagoniste?
Sonia, cinese, è la proprietaria di un ristorante cinese a Piazza Vittorio, a Roma. ha ritrovato il marito dopo che era scomparso in Cina per due anni. Sihem, tunisina, ha fondato “La Palma del sud”, un pezzo di mondo arabo nel paesaggio laziale, ma anche un sostegno per tutti coloro che, italiani e stranieri, si trovano in difficoltà economiche. C’è poi Radi che ha lasciato la Bulgaria e in Italia ha scoperto la passione del mare e ha creato una cooperativa di sole donne, la “Bio e mare”. Ana, croata e Ljuba, serba, hanno aperto insieme “l’Atelier”, una piccola galleria d’arte nel centro di Roma, che gestiscono insieme anche ora che Ljuba si è trasferita a Francoforte con la famiglia. Abbiamo scelto di raccontare le loro storie perché insieme si completavano, come tessere di un variopinto mosaico.
Qual è l’obiettivo verso cui punta il docufilm?
M’interessava in particolare raccontare l’aspetto più profondo di queste donne, narrare come fossero riuscite a superare le mille difficoltà in un paese straniero riuscendo a crearsi uno spazio professionale e personale. Volevo fosse un docufilm capace di dare emozioni e stupire. Mi ha colpita ad esempio scoprire che Sonia, Sihem e Radi fossero accomunate dall’aver vissuto relazioni sentimentali complesse, e proprio quel passato difficile con un uomo è diventato il motore della loro riaffermazione.
Perché sono “strane” le straniere protagoniste?
Perché ribaltano lo stereotipo che abbiamo in Italia sullo straniero, per ciascun italiano sarebbe normale, o quantomeno auspicabile, avere la vita lavorativa e personale desiderata, la stranezza di queste donne sta proprio nell’essere riuscite e ottenere la normalità pur essendo straniere.
L’appuntamento nelle sale con il docufilm inizia l’8 marzo, perché proprio questa data e quali sono i suoi prossimi passi?
Uscire nelle sale l’8 marzo è stata un’idea del distributore, l’Istituto Luce di Cinecittà. Intendendo la giornata come occasione di dibattito e, anche sulla stregua delle manifestazioni a livello mondiale del movimento “Non una di meno”, questo docufilm potrebbe essere un’opportunità di confronto allargato. Inoltre, il lavoro è stato presentato lunedì al cinema Fratelli Marx di Torino, martedì all’Anteo di Milano, a Mantova e in altre sale. A Roma verrà messo in programmazione all’Apollo 11. Su quest’ultima programmazione Sonia, che ha il ristorante lì vicino, offrirà la cena ai primi sette biglietti di ciascuna serata all’Apollo.
Un motivo pratico in più per andare a vederlo.
L’immagine in evidenza è tratta dal docufilm “Strane straniere”