Questo articolo è stato pubblicato su Il Manifesto.
Di Leo Lancari
Contrariamente a quanto afferma la retorica populista, impedire ai migranti di raggiungere l’Europa non serve a evitare che nel Mediterraneo si verifichino tragedie con decine e decine di morti. Ancora oggi, infatti, nonostante una drastica diminuzione del numero degli arrivi (passati dai 181.436 del 2016 ai 119.369 del 2017), 2 migranti ogni 100 perdono la vita mentre cercano di raggiungere l’Europa.
La conferma, che spazza via molti dei luoghi comuni sentiti nell’ultimo anno, arriva dall’ultimo rapporto del Centro Astalli, il sevizio dei gesuiti per i migranti. Un’analisi cruda del fallimento delle politiche di contenimento degli arrivi, a partire dagli accordi bilaterali siglati con i paesi attraverso i quali transitano i migranti.
«Lo scorso anno esprimevamo la nostra profonda contrarietà all’accordo con la Turchia che impedisce l’accesso in Europa soprattutto di siriani in fuga da una guerra che dura da sette anni», denuncia padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli. «La nostra paura che accordi simili potessero essere fatti si è puntualmente manifestata quando è stato stipulato l’accordo con la Libia che ha ridotto notevolmente gli sbarchi, ma il prezzo che viene pagato in termini di violenza sulle persone è inimmaginabile. Quello che viene salutato come un successo – conclude padre Ripamonti – è per noi una grande sconfitta dell’Italia e dell’Europa».
Dal rapporto del Centro Astalli emergono anche le difficoltà presenti nel sistema di accoglienza dei richiedenti asilo. Nonostante un ulteriore aumento dei posti letto disponibili, cresce infatti il numero di coloro che sono costretti a vivere in strada e a fare ricorso all’assistenza dei gesuiti.
«I centri di accoglienza straordinaria (Cas) – è scritto nel rapporto – restano oggi la soluzione prevalente, mentre la rete Sprar (sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) sia pure in crescita, a luglio del 2017 copriva poco meno del 15% dei circa 205 mila posti disponibili».
In queste condizioni dove non arriva lo Stato devono intervenire i privati perché molti richiedenti asilo «restano tagliati fuori da ogni forma di accompagnamento e di supporto, materiale e legale. Non è raro il caso in cui la procedura d’asilo resta sospesa e compromessa, aggravando le loro condizioni di precarietà». In particolare a Roma dove una delibera comunale impedisce ad enti come il Centro Astalli di rilasciare il proprio indirizzo come residenza anagrafica.
Nel 2017 i migranti che si sono rivolti alle associazioni e ai servizi del centro Astalli sono stati 30 mila di cui 14 mila a Roma, con un totale di 59.908 pasti serviti nelle mense gestite dai gesuiti.
Il rapporto integrale del Centro Astalli 2017 è scaricabile qui. Per la sintesi del rapporto, invece, cliccare qui.
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