Il dibattito politico europeo non è certo di facile comprensione per i meno esperti. E con le numerose informazioni sbagliate, distorte o confuse fornite dai media, il quadro restituito ai lettori è tutt’altro che chiaro
Conoscere la composizione dell’Unione europea, comprendere i meccanismi che ne regolano il lavoro, così come gli atti e le decisioni che ne conseguono, è tutt’altro che scontato e semplice per chi non ha compiuto studi specifici. Ci si aspetta, dunque, che la stampa nel comunicare notizie relative all’Unione offra ai lettori e agli ascoltatori un quadro quanto più possibile chiaro e comprensibile.
Aspettative che, purtroppo, risultano ridimensionate quando si dà uno sguardo ad agenzie e quotidiani.
Negli ultimi giorni, in linea con la tendenza che vede il dibattito politico sui flussi migratori protagonista sui media generalisti, sono state numerose le occasioni in cui si è parlato di Unione europea in merito all’immigrazione. Tra informazioni sbagliate e distorte e associazioni improprie, però, la fotografia restituita ai lettori è tutt’altro che aderente alla realtà.
La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sui visti umanitari
Leggendo questo titolo dell’Ansa pubblicato il 7 marzo, che fa riferimento a una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, restano pochi dubbi: gli Stati non sono obbligati ad accogliere i migranti. Peccato che la decisione della Corte affermi tutt’altro.
@Agenzia_Ansa Titolo scorretto: sentenza riguarda i visti (cioè la modalità di ingresso da là), non l’accoglienza qui. @cartadiroma @asgi_it
— Asilo in Europa (@AsiloinEuropa) 7 marzo 2017
Come ha segnalato, per prima, l’organizzazione Asilo in Europa, la sentenza riguarda i visti umanitari: la Corte di giustizia afferma che gli Stati membri non sono obbligati, in base al diritto comunitario, a rilasciare visti di ingresso per motivi umanitari (visti che sono finalizzati all’ingresso in uno stato per presentarvi domanda d’asilo), mentre possono farlo sulla base della legislazione interna. La pronuncia, infatti, fa riferimento al caso di una famiglia siriana che aveva presentato domanda presso l’ambasciata belga in Libano per ottenere il visto umanitario; questo documento avrebbe consentito loro di giungere in modo legale in Belgio per poi presentare, una volt arrivati, domanda d’asilo. La sentenza della Corte europea ci dice che il Belgio non è obbligato dal diritto dell’Unione stessa a rilasciare il visto umanitario e che può decidere sulla base del diritto nazionale. A spiegarlo bene il Sole 24 ore in questo articolo.
Nulla a che vedere, dunque, con le forme di protezione previste dalla Convenzione di Ginevra (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e con l’accoglienza dei richiedenti asilo, sulla quale la Corte europea di Giustizia con questa sentenza non si esprime in alcun modo.
L'”Ue schizofrenica” del Giornale
È poi stato il turno, il 9 marzo, del Giornale, che pubblica un commento dal titolo «“Pochi rimpatri”. L’Ue schizofrenica manda tutti in tilt». L’autore scrive che “una sindrome schizofrenica affligge l’Unione europea. Perché alle promesse di un maggiore impegno nel disciplinare i flussi migratori seguono decisioni di segno opposto, e viceversa. Prendete le ultime 48 ore” e motiva questa sua affermazione elencando tre casi.
“Prima la Corte di Giustizia europea di Lussemburgo tuona: ‘Gli Stati membri non sono obbligati a rilasciare visti umanitari’. Insomma, il diritto di asilo si può anche rifiutare”.
Questo è il primo caso presentato dal giornalista a sostegno della tesi sulla “Ue schizofrenica”. La sentenza della Corte di Giustizia europea l’abbiamo, però, appena analizzata: non afferma in alcun modo che “il diritto d’asilo si può anche rifiutare”.
“Poi, nemmeno il tempo di adeguarsi, ed ecco che il Consiglio d’Europa avverte l’Ungheria: ‘State violando la Convenzione Ue’“.
Col secondo caso la confusione aumenta: sembra, infatti, che l’autore non conosca bene la composizione dell’Unione europea. Il Consiglio d’Europa, infatti, non ne fa parte. È un’organizzazione internazionale di difesa dei diritti umani, democrazia e stato di diritto fondata nel 1949 e vi aderiscono 47 stati (ben più di quelli che compongono l’Unione europea, attualmente 28). Il giornalista fa riferimento alle dichiarazioni del Consiglio d’Europa, secondo il quale la decisione dell’Ungheria di prevedere la detenzione di tutti i richiedenti asilo presenti nel paese costituirebbe una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: anche in questo caso non si tratta di una “Convenzione Ue”, poiché, appunto, la Convenzione, così come il Consiglio d’Europa, non si inserisce nell’ambito dell’Unione europea.
Il terzo e ultimo caso presentato è una semplificazione delle raccomandazioni del recente rapporto pubblicato dalla Commissione europea (organo esecutivo dell’Unione) sulla gestione dei flussi migratori (il cui contenuto è ben illustrato qui).
“Alt. Mettetevi d’accordo lassù a Bruxelles“, conclude il giornalista. Sarebbe, invece, un buon punto di partenza, prima di arrivare a fornire ai lettori informazioni sbagliate e di scrivere della “schizofrenia” dell’Unione europea, studiarne almeno la composizione e, magari, giungere persino a soffermarsi sulla comprensione delle varie prese di posizione e azioni.
Dalle citazioni del Consiglio d’Europa alla riforma della cittadinanza
Le informazioni presentate in modo confuso o distorto ai lettori, tuttavia, non si sono fermate qui. Sempre il 9 marzo Libero cita il Consiglio d’Europa, che ha pubblicato un rapporto sulla gestione dei flussi migratori in Italia, proponendo alcuni virgolettati attribuiti allo stesso organismo internazionale: “Cacciate i clandestini“, “Siete troppo buoni con i profughi“, “sostituire l’immigrazione clandestina irregolare con flussi e canali più accettabili».
Conoscendo l’operato del Consiglio d’Europa, impegnato nell’azione di contrasto all’hate speech da anni, queste frasi appaiono piuttosto inusuali. All’interno del rapporto o nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa non riusciamo a trovare tali parole: chissà se il Consiglio resterebbe sorpreso quanto noi nel leggerle.
AGGIORNAMENTO: il Consiglio d’Europa ha confermato ad Associazione Carta di Roma che tali citazioni (nel caso della terza facendo particolare riferimento all’uso di “clandestina”) non possono essere rinvenute nel report o nelle dichiarazioni rilasciate dal Consiglio stesso e dai suoi rappresentanti e chiarisce, inoltre, di non aver avuto contatti diretti con la testata. Tali citazioni, dunque, non sono in alcun modo attribuibili al Consiglio d’Europa.
Sorvolando l’analisi del rapporto al centro dell’articolo, ci sembra particolarmente interessante il paragrafo conclusivo, nel quale l’autrice del pezzo scrive: “Insomma, se Mago Merlino Gentiloni non riesce a fermarli, li regolarizza. Il Parlamento, infatti, decide di tornare a occuparsi della riforma della legge sulla cittadinanza“. Regolarizzare significa, tuttavia, rendere regolare una condizione che ora regolare non è: un verbo decisamente inappropriato per definire la riforma sulla cittadinanza, la quale consentirebbe a moltissimi giovani nati e/o cresciuti in Italia – e qui residenti con documenti regolari – di ottenere il passaporto italiano.