di Gian Mario Gillio
«Il ruolo delle Diaspore Med-Africane in Italia è essenziale per facilitare l’inclusione dei nuovi arrivati, per contrastare possibili derive terroristiche e promuovere progetti di co-sviluppo nei Paesi d’origine», lo afferma Janiki Cingoli, presidente del Centro italiano per la pace in Medio Oriente (Cipmo).
La prossima settimana, il 7 febbraio dalle 15 alle 19 presso l’Auletta dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, il Cipmo insieme ai leader di associazioni africane, docenti universitari, rappresentanti istituzionali, esperti e operatori, affronterà temi, quali: le migrazioni, l’accoglienza, l’inclusione e il co-svilupo, e lo farà con una prospettiva diversa, raccontando il ruolo delle diaspore Med-Africane in Italia.
Il convegno è promosso in partnership con il Centro Studi di Politica Internazionale (CeSpi), in collaborazione del Centro Piemontese di Studi Africani (Csa); insieme alla Rivista Confronti e al Centro Studi e Ricerche Idos – Dossier Statistico Immigrazione ed è sostenuto dall’Unità di Analisi, Programmazione e Documentazione Storico Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
«Mercoledì prossimo – dichiara Janiki Cingoli a Riforma.it – cercheremo di creare nuovi canali di contatto e di comunicazione tra le diverse istituzioni nazionali e locali, le cui iniziative talora procedono in parallelo; è previsto anche un focus su alcuni progetti concreti, particolarmente emblematici e significativi, esempi pilota e riproducibili anche in altri contesti, come l’esperienza dei “Corridoi umanitari” che sarà raccontata dal professor Paolo Naso, promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dalla Tavola valdese e Sant’Egidio, comunità che – ricorda Cingoli –, in concomitanza con il nostro convegno nazionale festeggerà, proprio quel giorno, il Cinquantesimo anniversario della sua fondazione».
La posta in gioco delle politiche migratorie riguarda non solo l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, «ma anche altri aspetti dell’integrazione», ricorda il direttore della rivista Confronti, Claudio Paravati, che insieme a Idos cura il Dossier immigrazione. «È importante affrontare il tema della migrazione e della cooperazione a partire da chi nel nostro Paese già da tempo è fonte di lavoro, integrazione di ricchezza: le cosiddette diaspore, che sono potenzialmente un ponte straordinario di buone pratiche. Le sole “rimesse” di chi lavora e vive in Italia e che manda ai propri cari in altri paesi – prosegue Paravati – ammontano a più dei flussi ordinati della cooperazione. Questa ricchezza va sostenuta e inserita in programmi strategici di politica internazionale. Ecco perché è così importante il convegno promosso da Cipmo, centro di studi e progetti milanese di grande respiro internazionale».
L’Italia, invece, «appare come un cantiere in cui i lavori risultano in ritardo e talvolta neppure avviati», riporta il Dossier statistico Idos-Confronti.
La tendenza all’insediamento stabile dei cittadini stranieri è attestata dal crescente aumento dei titolari di un permesso Ue di lungo periodo (pari al 63,0% di tutti i soggiornanti non comunitari), come anche dal numero delle nuove nascite da genitori stranieri (69.379, un settimo di tutti i nati nell’anno), dei ricongiungimenti familiari (50.000 visti richiesti, come già ricordato) e dall’incidenza complessiva dei minori (20,6% tra i residenti stranieri e 21,9% tra i soggiornanti non comunitari). Significativo è anche l’ulteriore aumento degli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, più per naturalizzazione (che presuppone 10 anni di residenza previa) che a seguito di matrimoni con cittadini italiani (17.692 nel 2015). Tali acquisizioni, da appena 35.266 nel 2006 sono salite a 178.935 nel 2015 e a 201.591 nel 2016 (in tutta l’Ue 841mila nel 2015, con un ritmo meno vivace rispetto a quello in atto in Italia).
«Non possiamo dimenticare che i flussi migratori aumenteranno, anche verso l’Italia – prosegue Paravati –. Secondo un’indagine Gallup del 2017, un terzo della popolazione subsahariana e un quarto dei residenti nell’Europa non comunitaria vorrebbe emigrare. Nel gruppo dei paesi maggiormente destinatari di questi potenziali flussi si colloca anche l’Italia. Sono 14 milioni i potenziali migranti verso l’Italia, paese considerato appetibile (al 9° posto tra tutte le destinazioni). È noto che in Italia il 6,3% delle famiglie si trova in condizioni di povertà assoluta (tra le quali molte di immigrati), ma il suo Pil pro capite è alto, mentre non arriva a 5.000 euro in Africa e anche nella vicina Moldavia. È necessario dunque prepararsi a prospettive di convivenza interculturale».
Per Cingoli, poi, le misure straordinarie prese dal Governo italiano «per contrastare l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani sono state necessarie, anche se non si possono ignorare i problemi drammatici che si sono creati, a cominciare dalla disumana condizione dei campi profughi in Libia, che vanno affrontati e superati, arrivando in prospettiva al loro definitivo svuotamento. Il Vertice di Abidjan, in Costa d’Avorio, tra Ue e Paesi africani, ha preso decisioni positive in questa direzione, ma in misura del tutto inadeguata alla dimensione del problema. Sono positive, anche se insufficienti, le iniziative prese dal Governo italiano per facilitare l’accoglienza dei rifugiati aventi diritto, attraverso lo sviluppo dei canali umanitari e le politiche di inclusione decise recentemente con il piano straordinario varato dal Ministero degli interni italiano. Ma i rifugiati rappresentano solo il 10% del totale, gli altri sono immigrati economici, e questo aspetto non può essere ignorato. Per combattere a fondo l’immigrazione illegale e i traffici che la sostengono – ribadisce Cingoli –, è necessario organizzare l’immigrazione legale, stabilendo con i Paesi di origine tetti di accoglienza compatibili con le possibilità dei Paesi europei, sviluppare percorsi di selezione preventiva corrispondenti alle esigenze del mercato del lavoro europeo e adeguati percorsi formativi in loco, in grado di garantire processi positivi di accoglienza e di inclusione». Un processo che «non può essere affrontato da singoli Paesi di buona volontà, come l’Italia e la Grecia, ma solo al livello dell’intera Unione Europea, coinvolgendo proporzionalmente tutti gli Stati membri e superando con i provvedimenti necessari chiusure nazionali e barriere pregiudiziali erette da singoli Stati».
Le comunità diasporiche Med-Africane inibiscono la possibile creazione di «ghetti chiusi» e operano spesso in stretto contatto con le istituzioni nazionali e locali, con le organizzazioni del volontariato e le associazioni religiose, con la società civile, e con le istituzioni preposte alla sicurezza nazionale.
«Di queste Comunità fanno parte anche cittadini di seconda e terza generazione – prosegue Cingoli –, ormai parte integrante della nostra società e dunque pienamente inseriti nel processo produttivo e nel settore dei servizi, un elemento essenziale e vitale. Si stima, infatti, che il loro numero in Italia sia di circa sei milioni, e tra loro un milione sia costituito da cittadini italiani a pieno titolo».
Eppure le Associazioni di queste comunità diasporiche sembrano non essere all’altezza di tali compiti, «si tratta, spesso, di aggregazioni volontarie che si fermano a primi livelli di incontro e di attività – conclude Cingoli –, va quindi sviluppata un’articolata iniziativa per promuoverne e innalzarne il livello di capacità, di intervento e di progettazione, con azioni specifiche e mirate».
Il ruolo delle diaspore Med-Africane, in questi ultimi anni, nei quali i flussi migratori si sono sensibilmente intensificati, sta assumendo una posizione di primo piano nel facilitare l’inclusione dei nuovi arrivati nel «tessuto sociale» italiano. L’iniziativa si propone di dare voce a queste organizzazioni perché pongano apertamente i loro problemi e le loro richieste e interloquiscano con i rappresentanti delle maggiori istituzioni nazionali e locali.
Nell’occasione saranno presentate le attività sviluppate dal Progetto Cipmo.
Il programma completo è disponibile qui
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