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Fake news, il Garante per la privacy: «Non servono tribunali della verità, ma un forte impegno di tutti»

«Il fenomeno va contrastato con una strategia complessa e articolata, fatta di educazione civica alla società digitale, sistematica verifica delle fonti, forte assunzione di responsabilità da parte di utenti, redazioni e grandi gestori della rete», ha detto Antonello Soro presentando la relazione annuale dell’Authority

A cura di Fnsi

La risposta alle fake news non va cercata né nella «via esclusivamente tecnologica, che automatizzando il riscontro fattuale deprimerebbe ulteriormente il senso critico», né in quella «penale, che finirebbe con l’assegnare alla magistratura il ruolo di tribunale della verità». Ne è convinto il Garante della privacy, Antonello Soro, che ritiene «illusorio pensare che possano esistere nuove autorità od organi certificatori della verità».

Il tema delle fake news è stato affrontato dal presidente Soro, insieme a molti altri argomenti – dai big data ai social media, dalle intercettazioni fino alla cybersicurezza e al diritto all’oblio – nel corso della presentazione della relazione annuale del Garante per la protezione dati personali che si è tenuta oggi a Montecitorio.

«Il fenomeno delle fake news e l’uso distorto del web che ne è alla base – ha detto Soro  – vanno contrastati con una strategia complessa e articolata, ma non per questo meno energica. A partire da un forte impegno pubblico e privato nell’educazione civica alla società digitale, dalla sistematica verifica delle fonti e da una forte assunzione di responsabilità da parte di ciascuno: dal singolo utente alle redazioni e, certo, ai grandi gestori della rete».

Oltre che dell’uso distorto del web, inoltre, secondo il Garante le fake news sono il prodotto di «una certa tendenza all’autismo informativo, per cui si tende a ricercare, in una spirale auto-confermativa, le notizie che rafforzano le nostre convinzioni. Si tratta di una definizione attribuita a cose molto diverse tra loro (falsità, tweet automatizzati, hate speech, veri attacchi cibernetici), accomunate dalla tendenza a far dipendere l’attendibilità della notizia non dalla sua verificabilità, ma dalla quantità di condivisioni ottenute».

Nel rispetto della incomprimibile libera espressione, limitata solo dal rispetto della dignità altrui, «la democraticità dell’infosfera – ha osservato il Garante – è una risorsa che tutti dobbiamo preservare. Gli effetti prodotti anche in campo politico-elettorale da fenomeni come le fake news in occasione delle competizioni elettorali di grandi democrazie come gli Stati Uniti o la Francia inducono a ritenere urgente anche una più complessiva riflessione sull’aggiornamento della ormai datata disciplina delle campagne elettorali, con riferimento ai mezzi di comunicazione politica oggi più frequentemente utilizzati».

Al centro delle riflessioni del Garante, naturalmente, anche la tutela dei dati personali nel rapporto non sempre semplice con gli operatori della rete, a partire dai grandi motori di ricerca e dai social network. Nel 2016, ha spiegato il presidente Soro, Google ha adempiuto, sulla base del protocollo sottoscritto con il Garante per la privacy, agli impegni presi per rendere conforme il trattamento dei dati degli utenti alla normativa italiana. Mentre a Facebook, l’Autorità ha imposto di bloccare i falsi profili e di assicurare più trasparenza e controllo agli utenti.

«Inoltre – ha concluso il Garante – sono stati definiti i criteri per coniugare memoria collettiva e dignità della persona nei casi di esercizio del diritto all’oblio su internet ed è stato ulteriormente rafforzato il diritto delle persone a vedere aggiornati gli archivi giornalistici online.

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