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In un bando pubblicato nel novembre 2021, l’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee individua l’Afghanistan come Paese prioritario per il finanziamento di attività post-rimpatrio per i migranti “irregolari” che fanno rientro. L’inferno di Kabul è già dimenticato
Gli Stati membri dell’Unione europea, in collaborazione con Frontex, vogliono rimpatriare almeno 850 cittadini afghani all’anno a partire dall’aprile 2022. Secondo un nuovo bando pubblicato dall’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee, l’Afghanistan rientra infatti tra le “priorità” nella realizzazione di percorsi di reinsediamento e integrazione dei cosiddetti “irregolari” che faranno rientro nel Paese d’origine nel periodo compreso tra il 2022 e il 2026. La presa del potere dei Talebani dell’agosto 2021 sembra così non incidere sulla pianificazione delle istituzioni europee nella gestione del fenomeno migratorio.
L’appalto riguarda le attività congiunte dell’Agenzia con gli Stati membri per fornire assistenza post-arrivo alle persone rimpatriate e prevede un cofinanziamento pari a 14,3 milioni di euro solo per il 2022, con un budget complessivo di oltre 80 milioni di euro da utilizzare entro il 2026. I partner selezionati lavoreranno così per un periodo di quattro anni, con possibilità di proroga di due. L’obiettivo specifico del progetto è quello di garantire “un’assistenza di alta qualità post-arrivo per tre giorni” e un supporto nella “reintegrazione post-rientro a lungo termine per un periodo pari fino a 12 mesi”. Nel bando si legge che la classifica dei Paesi coinvolti è stata sviluppata in collaborazione con gli Stati membri: “Rappresenta i Paesi di rimpatrio classificati in ordine di priorità, sulla base dell’analisi del numero di persone rimpatriate rispetto alla stima dei Paesi d’origine ammissibili e richiesti dagli Stati stessi”.
Il bando è stato pubblicato il 5 novembre 2021 sul sito dell’Agenzia e la definitiva presa del potere dei Talebani in estate non è stata presa in considerazione: l’Afghanistan è al terzo posto, dietro Iraq e Russia. Per ogni Paese è indicata una stima “del numero di persone che avrebbero diritto a ricevere assistenza per la reintegrazione dopo il ritorno, all’anno”. In altri termini, 850 afghani all’anno – così dicono i documenti di gara – dall’aprile 2022 al dicembre 2026 dovrebbero essere supportati nel loro percorso di reinsediamento. Entro metà febbraio 2022 i partecipanti al bando dovranno presentare le proposte specifiche per ogni Paese. Tra i criteri di selezione c’è la disponibilità in capo all’organizzazione di un ufficio nella capitale o nelle principali città dello Stato interessato, una rete di collaborazioni efficace, la possibilità di fare colloqui in presenza e online con le persone supportate, l’accesso a internet. Oltre alla descrizione del processo di reintegrazione si chiede di spiegare “il processo di valutazione della necessità di assistenza specializzata per le persone vulnerabili, compresi, ma non solo, i minori non accompagnati, le donne sole, le vittime della tratta, gli anziani”. Non escludendo così il rimpatrio anche di queste persone.
Non è dato sapere quando sia stata stilata la classifica ma sono rilevanti almeno due profili. Il 10 agosto 2021, pochi giorni prima della presa di Kabul, i ministri degli Esteri di Grecia, Belgio, Danimarca, Austria, Paesi Bassi e Germania hanno inviato una lettera ai commissari dell’Unione europea Mararitis Schinas e Ylva Johansson sottolineando “l’importanza di rimpatriare chi non ha reali esigenze di protezione” nonostante la delicata situazione nel Paese alla luce del ritiro delle truppe internazionali. L’obiettivo era chiaro: non far sì che la ritirata delle truppe internazionali fosse ritenuta automaticamente un motivo per fermare i rimpatri. L’inserimento nel bando dell’Afghanistan è rilevante soprattutto per il medio periodo: sembra difficile che da aprile 2022 si possano organizzare voli charter verso Kabul ma l’esigenza è di non bloccare “automaticamente” le procedure di rimpatrio per i prossimi quattro anni.
Il finanziamento prevede un importo pari a 2mila euro per ogni “pacchetto” a lungo termine post-rimpatrio concesso a colui che sceglie la via del rientro volontario, mille euro per chi viene rimpatriato forzatamente. Per ogni famigliare a carico, a prescindere dalla modalità, vengono aggiunti altri mille euro. Queste somme possono essere utilizzate per il supporto finanziario, l’affitto dell’abitazione e le spese connesse (oltre che l’invio a specifici servizi in caso, ad esempio, di vittime di tratta), l’assistenza sanitaria, l’inserimento scolastico. Oltre questa cifra, sono previsti 615 euro a persona per il supporto per il post-arrivo che coprono le necessità urgenti sanitarie, di sistemazione in alloggi, di trasporto sul territorio. L’analisi degli altri Paesi indicati nel bando sembra dare chiare linee sulla politica di rimpatrio europea: circa 1.400 per l’Iraq, 800 per la Russia, 600 per il Pakistan, 150 Somalia e 250 in El Salvador. Numeri contenuti, invece, quelli riguardanti le persone rimpatriate maggiormente dalle autorità italiane: 75 in Egitto, 50 in Albania e appena 25 in Tunisia. Dal 17 dicembre 2021 sarà possibile conoscere il nome dei partecipanti e, soprattutto, da metà febbraio 2022 l’eventuale strategia per il reinsediamento di cittadine e cittadini afghani nell’inferno di Kabul.
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