(ACON) Trieste, 6 lug – COM/MPB – All’attenzione del Garante regionale per le persone a rischio di discriminazione alcuni commenti dai contenuti razzisti postati sul sito on-line di un quotidiano regionale da alcuni lettori in risposta agli articoli di cronaca sugli episodi di tensione tra i richiedenti asilo al centro di accoglienza della caserma Cavarzerani di Udine. Commenti segnalati da “Carta di Roma”, l’associazione nata per dare attuazione al protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione, siglato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI).
Il Garante regionale Walter Citti esprime forte condanna per le ricorrenti manifestazioni di odio e intolleranza razziale espresse da taluni lettori attraverso il forum del giornale locale quando vengono pubblicati articoli su fatti di cronaca che riguardano migranti, rifugiati o minoranze etniche quali Rom e Sinti.
Al proposito Citti ricorda come la comunicazione attraverso i social network attiene alla sfera pubblica in quanto i post e i commenti pubblicati sono destinati a essere normalmente letti in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti, per cui per tali forme di comunicazione la libertà di espressione trova il giusto limite del rispetto della dignità delle persone e, dunque, viene a cessare quando travalica nella diffamazione, nell’istigazione alla discriminazione, incitamento o diffusione dell’odio razziale, nazionale o religioso.
Il Garante regionale per le persone a rischio di discriminazione raccomanda, pertanto, ai mass-media locali di adottare al riguardo alcune buone pratiche, già in uso a livello europeo e internazionale, per cercare almeno di prevenire e contenere l’utilizzo dei forum dei commenti dei lettori per la diffusione di messaggi inneggianti all’odio e alla discriminazione.
«Alcune di queste buone pratiche – rammenta Citti – potrebbero essere: la previsione di una registrazione preliminare alla partecipazione al forum dei commenti; l’indicazione sul portale web di una nota di avvertimento che la pubblicazione di post che diffondano idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale o etnico, ovvero incitino alla discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi può essere perseguita penalmente ai sensi della legislazione vigente (legge n. 205/1993); un monitoraggio puntuale e tempestivo sui commenti pubblicati dai lettori, anche attraverso l’applicazione di appositi dispositivi software in grado di individuare, filtrare e bloccare automaticamente messaggi contenenti espressioni violente, ovvero a bloccare l’accesso a utilizzatori che abitualmente violano tali regole».
«Tale monitoraggio – aggiunge – dovrebbe condurre alla cancellazione dei messaggi intolleranti, in particolare quando questi vengono segnalati da lettori o organismi di monitoraggio dei media (notice-and-take down-procedure). Non può trovare alcuna giustificazione il fatto che episodi di tensione e fatti di cronaca che coinvolgano migranti o richiedenti asilo vengano utilizzati per riprodurre un’immagine negativa nei confronti della totalità degli appartenenti a tali gruppi, o addirittura per inneggiare all’odio e alla violenza».
«Non si può inoltre ignorare che situazioni di tensione e precarietà come quelle che si sono verificate alla caserma Cavarzerani, o in altri capoluoghi della regione, sono anche dovute all’insoddisfacente governance a livello nazionale del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonostante gli sforzi e l’impegno profuso a livello locale e regionale».
«La diffusa ostilità all’accoglienza dei richiedenti asilo, ove ansie sociali vengono spesso strumentalizzate a fini di facile consenso politico, determinano ritardi e difficoltà nel reperimento di strutture adatte e adeguate alle necessità, e mettono in crisi un equo sistema distributivo della presenze a livello nazionale, di cui fanno scapito le regioni di frontiera più esposte, tra cui il FVG, che attualmente vede una presenza di richiedenti asilo pari al 3,8 per mille abitanti, sensibilmente superiore alla media nazionale del 2,2 per mille: a parte il caso del Molise, si tratta dell’incidenza più alta sul totale della popolazione, dati aggiornati al 5 luglio 2016.
«I ritardi nella registrazione delle istanze di protezione internazionale determinano un vacuum nell’accoglienza in tale periodo, con conseguente fenomeno di persone senza dimora, in contrasto con gli obblighi derivanti dalle norme europee; l’insufficiente coinvolgimento degli enti locali nel sistema nazionale di accoglienza SPRAR fondato su strutture di accoglienza diffusa e decentrata e che consentono un migliore accompagnamento sociale, fa sì che risulti ancora prevalente il ricorso a strutture di grosse dimensioni di più difficile gestione e organizzazione e con maggiore impatto sul territorio e minori standard e opportunità di accompagnamento e inclusione sociale per i richiedenti asilo medesimi».
«Appare quanto mai necessario che le istituzioni nazionali e locali agiscano con comune senso di responsabilità per meglio governare l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Sebbene l’Italia si trovi obiettivamente esposta ai flussi migratori, la percezione del fenomeno appare sovradimensionata rispetto alla realtà e allo stesso confronto con gli altri Paesi europei. I dati Eurostat del primo quadrimestre 2016 evidenziano come l’Italia si trovi solo al 13º posto tra i Paesi Ue per numero di arrivi di richiedenti protezione internazionale in rapporto al numero di abitanti. Lo scorso anno l’Italia ha accolto 91.135 richiedenti asilo, 1.200 in meno dell’Austria, che ha una popolazione sette volte inferiore (Eurostat-Commissione europea)».
«Solo attraverso una migliore governance – conclude Citti – si potranno arginare quei fenomeni di intolleranza e xenofobia che trovano alimento da ansie sociali e identitarie indotte dalla crisi economica così come, pure, da una comunicazione sociale e politica che tende spesso a concentrarsi sul fenomeno dell’immigrazione in senso prevalentemente negativo, presentandolo più come una minaccia a identità e valori condivisi piuttosto che come un’opportunità e una risorsa per lo sviluppo economico, sociale e culturale».
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