L’Unesco ha redatto un manuale di 110 pagine con indicazioni, casi studio e strumenti utili a trattare il terrorismo nella sua complessità, innanzitutto comprendendone le cause e mai banalizzandolo
La sfida dei media nell’affrontare il terrorismo è cruciale, poiché vuol dire anche occuparsi degli argomenti correlati, dalle decisioni sulla vita degli ostaggi, all’abilità delle forze armate d’intervenire, fino alla sopravvivenza di un sistema politico. Perciò, accanto al giornalismo classico, deve affiancarsene uno basato sempre più sull’etica, umana e professionale.
È con questo scopo che l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) ha deciso di scrivere una guida per rispondere alla domanda “come dovrebbero raccontare i media il terrorismo e gli estremismi violenti?”. L’autore del volume “Terrorism and the Media” è Jean-Paul Marthoz, giornalista belga impegnato in particolare sulla libertà di stampa e sui diritti umani. Il suo prontuario vuole fornire indicazioni utili su come affrontare il terrorismo a livello mediatico. Le ragioni sono descritte da Frank La Rue, della direzione generale per la comunicazione e l’informazione all’Unesco: «Il rischio reale del terrorismo è che paura e sospetto possano determinare una nuova onda di nazionalismo e populismo, e che la libertà del lavoro giornalistico possa essere sacrificata all’altare della retribuzione. Non si tratta di attacchi terroristici a una sola nazione o popolo ma a tutti noi tutti in quanto cittadini globali».
I punti chiave del vademecum: nessuna approssimazione e più fact checking
Nel fornire le indicazioni il manuale rimanda all’essenza del giornalismo: la ricerca della verità. Si tratta di un principio che diventa ancora più fondante nella cornice narrativa del terrorismo, per evitarne la strumentalizzazione i fatti debbono essere chiaramente definiti, e il giornalismo approssimativo va evitato. Il fact checking è indispensabile.
Capire le origini del terrorismo, porsi delle domande, è fondamentale e non vuol dire avallarlo, ma cercare di comprenderlo: “la brutalità degli atti violenti non è un pretesto per rifiutarsi di comprenderne le cause” si legge nel manuale.
Come porsi allora quando si racconta una notizia afferente al terrorismo? Tra gli elementi proposti c’è questo vademecum di 21 punti sugli errori da non commettere, tra cui non usare il rispetto della privacy come alibi per non raccontare la verità; pubblica immagini senza ricorrere al sensazionalismo o ancora controlla e decostruisci l’hate speech, i rumors e le teorie di cospirazione. Ce ne sono naturalmente molti altri nell’elenco ma il punto al centro di tutti è ribadito sin dal primo principio “take care”, letteralmente “prenditi cura”, un invito a fare attenzione, la necessità di occuparsi con competenza e professionalità per raccontare il terrorismo, comprenderne le cause e affrontarlo.