In quel titolo appaiono violate sia la Carta dei doveri del giornalista che la Carta di Roma
Nei prossimi giorni Carta di Roma e l’Associazione studi giuridici per l’immigrazione (Asgi) presenteranno un esposto per chiedere l’avvio di un procedimento disciplinare a carico del direttore responsabile del quotidiano Libero, Maurizio Belpietro, in relazione al titolo «Bastardi islamici» che apriva la prima pagina sabato 14 novembre, all’indomani della strage di Parigi. Saranno poi gli organismi preposti a valutare se vi sia stata violazione delle regole deontologiche e quali, tra le sanzioni previste – che vanno dall’avvertimento alla radiazione – comminare.
La vicenda, dal punto di vista tecnico, ha una certa complessità perché agli aspetti di natura disciplinare si aggiungono possibili profili di carattere penalistico. Nei confronti di Belpietro, infatti, risulta essere stata presentata una denuncia per istigazione all’odio razziale.
Per inquadrare la questione dal punto di vista deontologico, riteniamo opportuno richiamare sia la Carta dei doveri del giornalista, in particolare con riferimento al dovere fondamentale di “rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche”, sia la norma della Carta di Roma che invita i giornalisti italiani ad “adottare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore e dall’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri”.
Riteniamo che il direttore Belpietro apprezzerà la nostra iniziativa. Avrà infatti l’opportunità di chiarire, nelle sedi proprie, la sua posizione. E articolare in modo ancor più puntuale quanto ha già detto per spiegare quel titolo. E, cioè, di non aver voluto comunicare ai lettori che «tutti gli islamici sono terroristi», né di aver avuto l’intenzione di insultare «gli islamici in generale». «Noi abbiamo scritto – ha puntualizzato il direttore Belpietro – “Bastardi (sostantivo) islamici (aggettivo)”. La lingua italiana è chiara, non lo è solo per chi è in malafede e non vuole vedere la realtà».
La spiegazione apre nuovi scenari nelle possibilità di titolazione di tutti gli eventi. Sostanzialmente, se l’argomento del direttore di Libero sarà fatto proprio dai giornalisti italiani, sarà possibile d’ora innanzi, senza incorrere in alcuna sanzione, associare agli autori di qualunque fatto di sangue il loro credo religioso, la loro identità sessuale, le loro opinioni politiche. E sarà possibile farlo utilizzando liberamente termini che, come “bastardo”, vengono comunemente avvertiti come offensivi e denigratori. In pratica, davanti a un omicidio compiuto da due cittadini di Bagheria, si potrò titolare «Macellai (sostantivo) siculi (aggettivo)». Si potrebbe continuare con una infinità di esempi, ma non è certo il momento di scherzare.
È opinione dell’Associazione Carta di Roma che questa tecnica di titolazione colpisca al cuore, oltre alla buona educazione, le norme deontologiche già citate e anche la norma fondamentale, contenuta nella legge istitutiva dell’Ordine: è dovere del giornalista restituire la verità sostanziale dei fatti. Auspichiamo, pertanto, un intervento chiarificatore da parte degli organi disciplinari.
Di certo – come ci confermano i messaggi che riceviamo e come, a nostro avviso, è del tutto evidente – quel titolo suona come un insulto a tutte le persone di religione islamica. Il direttore Belpietro avrà poi modo di chiarire se si è trattato di dolo o di colpa grave. Resta, a nostro avviso, un titolo inaccettabile.
Associazione Carta di Roma