Impostando un alert di google con la voce “clandestini” si può notare come ogni giorno sulla stampa online e non questa parola viene usata per indicare le persone senza permesso di soggiorno. Il 24 gennaio scorso nell’articolo “Per la legge il clandestino non esiste” abbiamo sinteticamente ricordato la non fondatezza giuridica del termine.
Dalla rassegna della settimana segnaliamo l’intervento di Luigi Manconi sul sito di Italia Razzismo. Il Senatore è intervenuto sull’argomento dopo aver ascoltato durante la trasmissione su La7 Servizio Pubblico Marco Travaglio parlare di “Centri per Immigrati Clandestini”. (I Clandestini di Travaglio) L’articolo fornisce una ricostruzione storica interessante e contribuisce a chiarire la connotazione che ha assunto nel tempo questa parola. Una connotazione che come sottolinea sempre il Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, si rifà “all’equazione immigrato=minaccia sociale e, di conseguenza, criminale e clandestino, gioca un ruolo molto significativo. Ma di tutta la sequenza, è quel “clandestino” che merita grande attenzione. Perché più subdolo e, allo stesso tempo, più iniquo” . La parola clandestino, la cui etimologia rimanda alla segretezza, alle vite condotte nell’ombra, sembra ancor più inadeguata quando la si utilizza, scrive Manconi, per raccontare le tragiche cronache degli sbarchi “Osserviamo quelle donne, quei bambini, quegli uomini che sbarcano a Lampedusa, illuminati dai fari delle forze di polizia e dalle luci delle televisioni. Spesso semi nudi e sempre laceri, senza alcuna protezione e tutela, senza la minima difesa. Sono l’immagine stessa della massima vulnerabilità e della “nuda vita” nella sua espressione assoluta. Neonati avvinti ai seni delle madri, mani intrecciate ad altre mani, corpi che si sorreggono vicendevolmente. Difficile immaginare qualcosa di più esposto, di più visibile, di più inerme: di meno clandestino al mondo.”
L’articolo infine ricorda come il termine sia utilizzato esclusivamente in Italia e anche Federico Rampini – che non si esime da questa pratica tutta italiana – quando ci racconta dalle pagine di Repubblica dell’iniziativa del neo sindaco di New York, Bill De Blasio, di rilasciare la carta di identità a tutti gli immigrati senza documenti. Sans papier direbbero in Francia o come ci racconta Rampini “Undocumented” senza documenti, “espressione che il Sindaco preferisce perchè non implica una criminalizzazione”
Non si tratta di un pedante richiamo al politicamente corretto, nè di un futile esercizio linguistico, ma di ricordare che “è la parola a costruire il mondo” . Un mondo di significato e di senso che non può essere ignorato da chi delle parole fa un uso quotidiano e porta le responsabilità di usarle in modo corretto più di altre categorie professionali.