Tortura e attacchi a civili e ospedali sono alcune degli elementi sui quali si sofferma l’indagine del Comitato internazionale della Croce Rossa, “People on war, perspectives from 16 countries”, che indaga sulla percezione rispetto alla guerra e alle sue conseguenze da parte di 17.000 persone in 16 paesi.
Pubblicato il 5 dicembre, il rapporto è basato su un’indagine effettuata tra giugno e settembre 2016 in paesi che hanno esperienza diretta di conflitti armati, come Iraq, Afghanistan e Sud Sudan. Sono inoltre annoverati tra i 16 sia la Svizzera che i cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’Onu: Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, i cosiddetti ‘permanent five‘, P5.
Stando alle cifre, il 78% delle persone che vive in paesi in conflitto ritiene sbagliato attaccare le forze nemiche in aree popolate, sapendo che molti civili ne rimarrebbero vittime. Nei cinque paesi membri del consiglio di sicurezza Onu, invece, lo ritiene sbagliato solo il 50%.
Sempre negli stessi paesi membri il 26% degli intervistati pensa che privare la popolazione civile di servizi essenziali come cibo, acqua e medicine per indebolirla sia una parte delle azioni previste dalla guerra, rispetto al 14% dei paesi affetti da guerre.
Ciò che risulta evidente – e preoccupante – è lo scollamento tra l’opinione pubblica e le politiche e azioni promosse dagli stati; le violazioni delle leggi di guerra, incluse il colpire i civili, gli operatori umanitari e gli ospedali, infatti, continuano. Il sondaggio rivela come la maggior parte identifichi questo perpetrarsi come sbagliato. Tuttavia, un significativo 36% degli intervistati crede che un nemico possa essere torturato per ottenere informazioni militari. Solo il 48% lo ritiene sbagliato, rispetto al 66% del 1999.
“I risultati dimostrano quindi che abbiamo bisogno di ribadire un concetto: la tortura in ogni sua forma è proibita. Usandola ci degradiamo. Infatti, la tortura ha un devastante impatto sulle vittime e brutalizza l’intera società, per generazioni” ha ribadito il presidente del Comitato, Peter Maurer. “Da sottolineare comunque la fiducia che le persone intervistate ripongono nella normativa umanitaria internazionale e della sua importanza, inclusa la convenzione di Ginevra, e della protezione della popolazione civile durante la guerra”.
Per consultare il rapporto completo clicca qui.
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